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Introduzione

Sono circa 100 opere, tra dipinti, disegni, acquerelli, sculture e incisioni, a cui si aggiungono le maioliche della manifattura Minghetti, quelle esposte nel piano nobile di Palazzo Fava a Bologna. Provengono tutte dalle Collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e, in genere, non sono visibili al pubblico perché allestite nelle sedi di rappresentanza o conservate nei depositi. Alcune di esse sono nuove acquisizioni, qui presentate per la prima volta, altre risplendono dopo il restauro.
Ci sono tutti i grandi nomi dei protagonisti dell'Ottocento bolognese, circa 30 artisti, e insieme illustrano, in modo efficace, le principali produzioni del tempo. Possiamo ammirare, suddivise in 6 sezioni,  le opere di Felice Giani e di Pelagio Palagi, di Clemente Albèri e di Pietro Fancelli, di Antonio Basoli e Giacomo De Maria fino a Luigi Busi, Alessandro Guardassoni, Giovanni Masotti, Luigi Serra e altri.

L'esposizione, a cura di Angelo Mazza, si inserisce nel progetto La pittura a Bologna nel lungo Ottocento | 1796 – 1915, iniziativa promossa dal Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico del Risorgimento che coinvolge diciotto sedi espositive, in città e in provincia, nel delineare un percorso nella pittura bolognese dall’età napoleonica all’inizio della Grande Guerra.
L'allestimento parte dalla Sala di Giasone con al centro il grande gesso della Maddalena penitente (1806-1813 ca) di Antonio Canova. Alle pareti alcuni ritratti realizzati a cavallo tra Settecento e Ottocento, tra cui quelli di Pietro Fancelli (Bologna 1764 - Pesaro 1850) che ritraggono gli adolescenti Giuseppe e Anna Paolini, scelti come immagine guida della mostra. Di Clemente Albèri (Bologna 1803-1864), di cui sono esposte varie opere, è rappresentato dal Ritratto di Giuseppe Gaetano Mazzacorati, personaggio di spicco nella vita culturale, scientifica ed economica cittadina. C'è anche un ritratto di Carolina Brunetti Mattei, attribuito a Luigi Busi (forse di Giulio Cesare Ferrari): è la moglie di Giuseppe Mattei, fratello del Conte Cesare cui si deve la famosa Rocchetta a Riola. Un autoritratto di Luigi Serra è posto accanto alla sua tavolozza. Più avanti la celebre Jone, che Serra realizzò nel 1871.

Si rivede qui riunita la collezione di opere di Antonio Basoli (Castel Guelfo 1774 - Bologna 1848), celebre ornatista, scenografo e vedutista, al centro della vita artistica bolognese nei decenni tra la fine dell’Ancien Régime, l’età napoleonica e la Restaurazione. A queste si aggiunge un cospicuo gruppo di bozzetti per scene teatrali di Giuseppe Badiali (Bologna 1798-1859), allievo di Basoli, recentemente acquisiti. Tra gli scenografi più rilevanti della nuova generazione, Badiali lavorò per i più noti compositori del melodramma ottocentesco (Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi) e fu famoso per i suoi notturni al chiaro di luna. C'è anche il bozzetto di scena per la celebre serata in memoria di Maria Malibran, tenutasi al Teatro Comunale di Bologna il 21 novembre 1836. Morta improvvisamente a soli 28 anni, nel settembre di quell'anno, la Malibran era la diva assoluta della lirica in quel periodo, e Bologna non mancò di omaggiarla.
La mostra espone anche un nucleo di modelli in terracotta di Giacomo De Maria (Bologna 1762-1838), autore che può essere considerato il punto di contatto tra la scultura bolognese d’epoca neoclassica e quella ottocentesca. 

Una sezione è dedicata alla pittura di paesaggio che prende avvio con la Veduta di Imola, realizzata nel 1805 da Felice Giani (San Sebastiano Curone 1758 - Roma 1823). Qui ritroviamo il Basoli a cui si attribuisce il merito di avere “inventato” la veduta urbana bolognese, Luigi Bertelli (San Lazzaro di Savena 1833 - Bologna 1916) è invece riconosciuto come il principale protagonista della rivoluzione naturalistica nella pittura di paesaggio, come dimostrano opere come Il canale con Chiusa, La casa di campagna e Il tiro a volo a Casalecchio di Reno.

Nella sala Albani alcuni elementi della produzione della manifattura Minghetti, che inizia a partire dal 1860 circa ad opera di Angelo Minghetti e dei figli Gennaro e Arturo. A testimonianza di questa attività, le collezioni della Fondazione Carisbo possiedono dal 2016 una parte consistente del celebre servizio da tavola commissionato verso il 1888 da Antonio Maria Luigi Filippo di Borbone-Orléans, duca di Montpensier e infante di Spagna, per Palazzo Caprara. Dei circa 900 pezzi di cui originariamente si componeva, 381 sono pervenuti alle Collezioni d’arte e di storia della Fondazione Cassa di Risparmio. Ci sono meravigliose fruttiere in forma di trofei, centritavola e monumentali candelabri decorati da motivi a grottesca. Si tratta della collezione da tavola più imponente prodotta dalla casa bolognese, che riforniva anche le famiglie Pepoli ed Hercolani di Bologna e la famiglia Albicini di Forlì.

Nell'ultima sezione, quella che rievoca la Bologna ai tempi del Carducci, presenta una delle rarissime vedute bolognesi di Giovanni Boldini (Ferrara 1842 - Parigi 1936), La Fontana del Nettuno, dipinta nel 1910, oltre al modello in gesso di Leonardo Bistolfi (Casale Monferrato 1859 - Torino 1933) per il monumento onorario dedicato a Carducci da collocare a fianco della sua abitazione (realizzato, dopo numerose vicissitudini, circa vent’anni dopo), fino al bozzetto del ciclo decorativo dedicato alla Storia e i fasti di Bologna nel Salone del Podestà di Adolfo De Carolis (Montefiore dell’Aso 1874 - Roma 1928).

La mostra è accompagnata da una guida edita da Bologna University Press, con un’ampia selezione di immagini delle opere esposte e contributi di Angelo Mazza, Benedetta Basevi, Pierangelo Bellettini, Mirko Nottoli. L'ingresso costa solo 5 Euro. Tante sono le iniziate organizzate intorno alla mostra.

Info
Orari: martedì-domenica, 10.00-19.00. Chiuso lunedì
www.genusbononiae.it
Ciclo di conferenze (PDF - 330.6 KB)
Visite guidate (PDF - 5.0 MB)
Proposta didattica (PDF - 1.4 MB)

Angelo Mazza - curatore della mostra

"La partecipazione all’iniziativa promossa dal Comune di Bologna è in sintonia con il programma da tempo avviato dalla Fondazione Carisbo di valorizzazione delle proprie raccolte. Negli spazi espositivi di Casa Saraceni sono state infatti realizzate negli anni scorsi, tra le altre, due specifiche esposizioni dedicate, la prima, ai dipinti del Seicento, la seconda, invece, a quelli del Settecento; tutte opere facenti parte del patrimonio artistico della Fondazione che segna ormai un secolo di storia. La mostra ora allestita in palazzo Fava, nel rendere disponibile un centinaio di opere solitamente non visibili, sviluppa un progetto che ha quindi origini lontane."

Ultimo aggiornamento: 14-11-2024, 10:59