Mulini storici per macinare i cereali, per produrre farina di castagne, ma anche gualchiere per filare la seta e per battere la lana, e ancora, sistemi molitori per produrre carta e frantumare la calce, sono il tema del convegno di oggi, un patrimonio regionale su cui osserveremo differenti punti di vista per la loro valorizzazione.  

L’universo, piuttosto particolare, dei mulini, ci restituisce una ricchezza dove l’oggetto è una macchina che trasforma vari prodotti della terra per condurli al consumo e alla commercializzazione. Ma non solo, ci accompagna verso un sistema più ampio, quello del rapporto tra uomo e acqua, che nella storia del nostro territorio disegna fortemente il paesaggio.  

Sono infatti ancora incisi nel terreno i tratti della centuriazione romana con le prime bonifiche agrarie in pianura, fino a quelle industriali in cui i terreni umidi diventano coltivabili. E i nostri insediamenti sono guidati, nella storia, dalla continua regimentazione dei torrenti appenninici e dei corsi d’acqua e dalla deviazione dei canali operata nel corso dei secoli.   

Sono innumerevoli le caratterizzazioni territoriali, dal sistema dei mulini più impervi nelle numerose valli appenniniche, alle vie di pianura, dalle dighe alle chiuse, fino ai mulini urbani.  

In questo contesto, l’avvio dell’opera della loro catalogazione digitale da parte della Regione va quindi nella direzione di restituire una fotografia dello stato di questi oggetti. Queste architetture popolari sono macchine delicate, a volte ancora funzionanti perché condotte con tenacia dai gestori, o restituite al loro uso originario, oppure ruderi, spesso trasformate.  

È un’edilizia spesso cosiddetta “minore”, con segni di iscrizioni antiche, tipologie edilizie consolidate e loro varianti, sagge tecniche costruttive, sapienza idraulica, meccanismi molitori sofisticati ma che venivano costantemente soggetti a manutenzione e frutto di conoscenze comuni. 

E dove ci conduce la storia, se volgiamo lo sguardo indietro, e quale può essere quindi il senso di questo lavoro ora? 

Ci porta a molteplici storie, di gestione comunitaria di questi oggetti, in particolare in epoca medievale, di conflitti tra confinanti per la loro gestione, tra territori e giurisdizioni, ma anche di accordi tra soggetti diversi. E guardando più da vicino, nella dimensione più quotidiana nella storia, erano luoghi privilegiati di sosta per i produttori locali, di scambio di informazioni e di commercio in ambito rurale. Le tracce ci guidano verso il riconoscimento dei mulini come piccoli nuclei, spesso remoti, che sapevano svolgere funzioni di “città” in ambito agricolo e montano.  

I mulini ci guidano anche verso un immaginario collettivo fatto di racconti che nel corso del tempo si tramandavano oralmente, di modi di dire, di competenze per il restauro edilizio e dei macchinari, di una cultura artigianale che ha avuto uno sviluppo, oltre che nell’industria molitoria, anche, ad esempio, nel campo della lavorazione dei tessuti in zone emiliane, e delle pelli in area romagnola, di lunghissima tradizione anche contemporanea. 

Questi ingredienti sono unici, e proprio per questo densi di valore, incentivo per considerare i mulini storici come anello di una catena produttiva culturale sapiente, come fulcri di paesaggi ampi, con produzioni differenziate e con sistemi che possono anche essere rinnovati, che traggono energia, appunto, dall’acqua e dalle persone e dai gruppi che ne hanno cura.  

Proprio per dare forza e vita a questo lavoro, il convegno è stato organizzato insieme all’Associazione Italiana Amici dei Mulini Storici, partner della Regione con una convenzione per la promozione dei mulini storici, e nel corso della giornata i relatori e le relatrici, nelle loro differenti figure professionali e di ricerca, ci guideranno nei vari territori regionali e nello sviluppo di idee su questo tema particolare.  

 

Mauro Felicori
Assessore alla Cultura e al Paesaggio della Regione Emilia-Romagna nella XI Legislatura, in carica dal 28 febbraio 2020 al 12 dicembre 2024, laureato in Filosofia, è manager culturale. Nel 2019 è stato Commissario alla Fondazione Ravello e responsabile del progetto AGO Modena Fabbriche Culturali. Dal 2015 al 2018 è stato Direttore generale della Reggia di Caserta. Ha speso gran parte della sua carriera come dirigente culturale del Comune di Bologna, prima impostando politiche inclusive per i giovani, con un’attenzione speciale alle produzioni artistiche, alla nascita di nuove imprese, ai centri giovanili indipendenti, poi evolvendo verso l’idea di Bologna Città Creativa. È stato il promotore di Bologna Capitale Europea della Cultura di Bologna 2000. Dal 1993 al 1999 è stato Capo di Gabinetto del Sindaco di Bologna. Con l’elaborazione del progetto della Certosa di Bologna e la fondazione dell’Association of Significant Cemeteries in Europe ha dato inizio alla scoperta dei cimiteri come parte del patrimonio culturale europeo, ricevendo un riconoscimento negli Europa Nostra Awards e il Premio Francesco Arcangeli di Italia Nostra. Insegna nelle Università di Bologna e Napoli. Ha tenuto corsi anche a Genova e Udine.