Il paesaggio rurale e i manufatti dei mulini vengono qui raccontati nella loro forte connessione, luoghi e culture che si confrontano con le trasformazioni del territorio.  

Parlare dei mulini, esempi illustri di architettura rurale, e della loro rappresentazione, come del loro sistema economico e comunicativo nel corso della storia sociale, è importantissimo sia per un confronto con le origini della ricerca sull'energia alternativa, tema sempre più necessario in questo ambito, sia per ricomporre l'immagine della memoria dell'operare umano la cui sopravvivenza, pur a frammenti, offre segni di ciò che il lavoro ha costruito nella prospettiva del fare, dell'organizzare e dell'abitare in un sapiente cammino di perfezionamento: segni dell'antico per costruire un futuro migliore. Ovvia la motivazione entro la quale si ragiona sui mulini in base all'importanza dell'estesa opera di censimento sull'insediamento e la trasformazione del paesaggio rurale al fine di elaborare programmi di conservazione e rigenerazione nel rispetto e nella valorizzazione delle caratteristiche storiche e culturali dei luoghi. Da qui l'efficacia del restauro di questi manufatti e di parte della rete paesaggistica di cui erano il perno e il motore d'attività. Il Convegno è stato un elemento indispensabile affinché la promozione di un'indagine conoscitiva a largo raggio dell'architettura rurale non finisca in un annullamento delle loro tracce nella nostra civiltà. Un'analisi che va certo nella direzione delle motivazioni più valide del PNRR, ma che con profondo sconforto vediamo dismesse o snaturate quando, soprattutto nelle aree extraurbane, osserviamo uno stato di grave degrado in cui versano forse milioni di esempi d'architettura rurale nel territorio nazionale; lasciti memorabili divorati dall'incuria e dall'indifferenza: un patrimonio culturale immenso lasciato andare in rovina.  

 Ben venga quindi questa iniziativa della Regione Emilia-Romagna e mi auguro che la cosa possa essere di stimolo programmatico per numerosi altri interventi di questo genere con lo scopo di salvaguardare l'insieme di casi che intrecciano arti tradizionali e architettura rurale nei loro molteplici aspetti e soluzioni. Ciò, più ampiamente, al fine di ricomporre degnamente un sistema di “immagini del passato” che non sia più solo un'infinita ferita o una continua, incurabile piaga visiva ed emotiva, un disastro irreparabile. Tanto più ora che un dissennato uso del turismo di massa arriva a mettere in crisi anche le iniziative più adeguate per la difesa del territorio e del paesaggio: un'aggressione vera e propria a tutti gli sforzi che sono stati fatti nel corso del tempo e particolarmente in questi ultimi decenni per curare il paesaggio. Che è naturale perché culturale, culturale perché naturale; sottolineando in questa nostra osservazione iparadossi della transizione energetica sul consumo del suolo: il fatto centrale che senza difesa del paesaggio non si tutela nemmeno l'ambiente. Liberalizzare le pale eoliche e i pannelli solari come soluzione del paesaggio e dell'ambiente insieme aggrava la mutilazione dei luoghi, non considera la relazione, ma crede che l'uno valga per l'altro. Un errore mostruoso. 

Si sottolinea dunque la rilevanza dell'immagine in rapporto al valore della memoria descritta, immagine come sistema delle forme che diventano narrazione, immagine come metafora anteriore e ulteriore, quella della comunità e della convivenza sociale fondata sulle attività, tra la funzione e la percezione, tra la percezione e la partecipazione. Figure dell'umano, visione del lavoro per la sussistenza e la vita vissuta, immagine infine come forma della storia. La qual cosa ci fa venire in mente l'eccellenza della Convenzione di Firenze del 2000, convenzione nella quale appunto il paesaggio, nella sua varietà, è stato strettamente congiunto al disegno della partecipazione, ai processi culturali, fabricativi; allo stesso tempo al mito che siamo e rappresentiamo, implicitamente ed esplicitamente. Si propone così l'identità composita dei luoghi tra azione paesaggistica e ripristino dell'edificato, come la messa a punto di destinazioni pertinenti dopo il restauro. 

È lo scenario del paesaggio come arte delle popolazioni e delle culture, della diversità e non dell'omologazione: architettura e natura entrano come coprotagonisti in quanto espressioni di una cultura che le attraversa e le impregna, nei propositi attivi dei principi di tutela e valorizzazione.  

Ma si dica anche del luogo, non solo dell'immagine, perché sono in perenne scambio, e il paesaggio è reale. Canali, pascoli, ruscelli, radure, stagni, colline, campi di grano o di girasole, anse del lago, spiagge, rupi, antichi casali, borghi, villaggi e tantissimo altro. Luoghi da mantenere e curare, così come molti trattati di agricoltura e scienze naturali ce li hanno riportati in uno studio di datità e particolarità, oltre che all'insieme, in rapporto ad altri trattati, espressione speculare di critica estetico artistica, per offrire sempre ragioni alle leggi sulla tutela in base alla relazione tra le scienze, l'antropologia, la sociologia e l'estetica: un filo tenuto ben saldo dalla storia e dalla civiltà.  

Il paesaggio dei mulini ha avuto un tessuto d'economia strettamente connesso al modellamento dell'ambiente per fornire un'etica equilibrata e coerente sul piano delle risorse. Un paesaggio ordinario che si è fatto straordinario, quasi un'arte vivente come mosaico di attività congiunte. Al nostro sguardo etica ed estetica, realtà e immagine, si sono intrise di valori locali per cercare di combattere la violenza del consumo di suolo. Purtroppo anche in Emilia Romagna (si veda il sito di Italia Nostra Bologna) vi sono non pochi elementi di devastazione. È sperabile che il governo della Regione mitighi questa brutale sparizione di luoghi della storia e della civiltà agraria. Considerando la cultura emiliana e romagnola e sostenendo tutto un mosaico di valori locali legati alla dimensione contadina possiamo dire che ci sentiamo accomunati da una forte esperienza personale e collettiva, riflesso di tante opere agrarie come di tante rappresentazioni d'artisti e scrittori che hanno ridefinito via via l'assetto morfologico dei territori. Noi siamo il paesaggio e il paesaggio siamo noi. Non estinguiamolo, non sacrifichiamolo, altrimenti mettiamo fine anche a noi stessi, all'umanità intera.  

Raffaele Milani 
Professore Alma Mater. 
Direttore del Laboratorio di ricerca sulle città e i paesaggi. 
Insegna Estetica del paesaggio nella Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici 
Già Professore ordinario di Estetica nel Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università di Bologna. 
Ha tenuto corsi e lezioni in importanti università in Italia e all'estero. Keynote speaker in convegni internazionali, è stato visiting professor in varie università straniere, tra queste la Sorbona e Kobe College. 
Membro di Comitati Scientifici nazionali e internazionali, è collaboratore di molte riviste specializzate. 
Presidente di Italia Nostra Bologna, Vicepresidente di Italia Nostra Emilia Romagna. 
Tra i suoi libri, tradotti in varie lingue: L'arte del paesaggio, 2001, Il paesaggio è un'avventura, 2005, L'arte della città, 2015, Albe di un nuovo sentire, 2020.