Naturalmente Imola 2024 – L’essenziale visibile agli occhi

Dal 1 settembre a tutto ottobre diciotto appuntamenti per scoprire il patrimonio culturale e naturalistico di Imola

La Città di Imola offre una ricca mappa di spazi pubblici e privati, grandi parchi e giardini storici, aree verdi ed emergenze architettoniche e paesaggistiche che raccontano la storia della città e di una comunità, oltre a essere preziosi polmoni verdi. “Naturalmente Imola 2024 – L’essenziale visibile agli occhi “ha scelto 9 di questi luoghi, nei quali è stato composto un calendario di ben 18 appuntamenti. Questo patrimonio culturale e naturalistico è sotto gli occhi di tutti, ma non sempre tutti conoscono le sue storie e la ricchezza di dettagli e opportunità che questi luoghi offrono. Per questo motivo le “passeggiate” in queste aree verdi, i momenti di incontro e di spettacolo che trovano in questi spazi un palcoscenico unico, sono occasioni preziose per conoscere e valorizzare questi luoghi, patrimonio culturale della comunità.
Il programma completo degli eventi con tutti i dettagli è disponibile sul sito "Cultura Imola"
Naturalmente Imola - pieghevole con programma completo (pdf3.23 MB)

I luoghi coinvolti:

GIARDINO BENVENUTO RAMBALDI
5)GIARDINI S. DOMENICO ph. ©Massimo Golfieri.jpg

Noto anche come Giardini di San Domenico, si trova nel centro storico di Imola, all’interno di un isolato definito urbanisticamente dalla Chiesa di San Domenico e dall’ex convento dei Santi Nicolò e Domenico. Il terreno, originariamente adibito ad orti conventuali e a piazza, fu acquisito da privati cittadini in età napoleonica, per poi essere individuato dall’Amministrazione comunale imolese come spazio ideale per la progettazione di un giardino pubblico tra il 1879 e il 1880. Il disegno compositivo unitario ricalca le tipologie dei giardini pubblici tardo-ottocenteschi ed è caratterizzato da aiuole curvilinee di forma irregolare, percorsi pedonali che lo attraversano e delimitano gli spazi verdi; il giardino custodisce vari tipi di alberature - leccio, pino domestico, cedro deodara, tiglio, olmo, abete, magnolia, ippocastano - molte delle quali appartenenti al progetto originario. (Foto M. Golfieri)

PARCO DELLE ACQUE MINERALI 
1) PARCO ACQUE MINERALI ph-Massimo Golfieri.jpg
È il primo e più antico parco pubblico della città. È situato a circa un chilometro a sud del Centro Storico, in destra idrografica del Fiume Santerno, nella fascia di passaggio dall’alta pianura alle prime quinte collinari, all’interno dell’anello dell’autodromo “Enzo e Dino Ferrari”; ha un’estensione di circa 15,8 ettari e si sviluppa a quote comprese tra i 41 m s.l.m. della parte pianeggiante e i 75 m della sommità del “Monte Castellaccio”.
Il Parco è composto da tre ambiti ben distinguibili che corrispondono ad altrettante fasi storiche di realizzazione e ampliamento, a partire dal 1830, anno in cui furono scoperte le sorgenti di acque minerali, fino agli anni cinquanta del ‘900. Il Parco, nel quale è presente la memoria di un importante sito archeologico, è parte integrante di un ambito paesaggistico-geologico-vegetazionale di grande interesse, che comprende e mette in relazione il parco stesso, l'ecosistema fluviale e i corridoi vegetati collinari, caratterizzati dalla formazione geologica delle "Sabbie gialle”.(Foto M. Golfieri)

PARCO DI VILLA LA BABINA
villa la babina.jpg

Villa La Babina era in origine un casino padronale che faceva parte di una più ampia possessione agricola della “terra del Sasso”, il toponimo che un tempo designava questo territorio, prima che Cosimo Morelli (1732-1812) realizzasse, tra il 1780 e il 1785, il borgo nelle forme attuali, legando indissolubilmente il suo nome all’abitato. Il toponimo La Babina, che in dialetto significa “la bambina”, è piuttosto antico e sicuramente molto precedente al primo documento in cui si trova citato: un rogito del 1619 in cui il conte Passatelli cede un possedimento con questa denominazione e i fabbricati annessi. Altri passaggi di proprietà, tra ’700 e ’800, coinvolsero nobili famiglie imolesi, confermando il ruolo dell’edificio come villa di piacere e rappresentanza al centro di un’azienda agricola, dove i proprietari si ritiravano in vacanza e al tempo stesso controllavano da vicino i propri interessi. Molte tra le residenze signorili sorte a partire dal ’400 nella campagna bolognese furono dotate di giardini più o meno ampi, in grado di rendere piacevole la villeggiatura estiva, accogliere piante esotiche e curiosità botaniche, consentire la pratica della caccia. Sull’epoca esatta di realizzazione del parco non si ha documentazione precisa. L’attuale assetto, tipico delle sistemazioni paesaggistiche ottocentesche, è da ricondurre con tutta probabilità all’ultima parte dell’Ottocento, quando la proprietà passò ai Nardozzi, una famiglia di proprietari terrieri della zona. Negli anni ’20 del secolo scorso la proprietà venne ceduta ai Mongardi, che già possedevano gran parte del borgo di Sasso Morelli, e il parco ebbe un periodo di particolare splendore, che nel 1932 portò a dichiararlo di interesse pubblico, insieme a quello attiguo di Villa Codronchi, in base alla legge n. 778 del 1922 per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico. Durante la seconda guerra mondiale la villa fu sede di un comando tedesco e il parco, in virtù del denso manto alberato in parte sempreverde, venne utilizzato per nascondere mezzi militari. Ciò apportò diversi danni alla componente arborea, reintegrata nel dopoguerra, anche se con specie sempreverdi estranee ai caratteri paesaggistici del contesto. Nel 1999 la proprietà è stata acquistata da CLAI, che ha intrapreso un’importante opera di restauro della villa, di recupero e valorizzazione del parco effettuando anche una consistente messa a dimora di alberi e arbusti privilegiando l’impiego di latifoglie, con specie autoctone: tiglio, carpino bianco e farnia. Tra gli arbusti una bella collezione di ortensie e una collezione di rose. (Foto M. Golfieri)

VILLA MUGGIA
villa Muggia foto A Malagutti.jpg

Sulle prime colline imolesi, sorge, ormai in rovina, una villa, detta anche “La casa dell’aviatore”, dal passato molto singolare. È Villa Muggia, una costruzione degli anni Trenta, capolavoro assoluto dell’architettura italiana e internazionale. All’inizio del secolo scorso, villa Bel Poggio era una bellissima residenza di campagna inserita in un parco secolare, un casino di caccia del ‘700 di proprietà dei conti Ginnasi, che, seppure in stato di abbandono, custodiva all’interno uno scenografico salone con volte affrescate e uno scaloncino a doppia rampa. Nel 1935 il bolognese Umberto Muggia acquistò l’intera tenuta di Bel Poggio affidando all’architetto milanese Piero Bottoni, esponente dell’architettura razionalista del ‘900, l’incarico di riqualificare l’intero complesso. Vennero costruite la “portineria”, la “casa del custode” e altri edifici ad uso agricolo e intrapreso il recupero del vecchio casino di villeggiatura. Di quest’ultimo furono conservate le parti più pregevoli, consolidate ed integrate con soluzioni originali nella nuova costruzione moderna. L’intero parco della villa è ormai irrimediabilmente perso, ma dal 1979, l’intera area su cui è ubicato l’edificio è definita nelle tavole di Prg di Imola come “zona a parco privato” che di fatto ne vincola le alberature, evitando speculazioni edilizie. Dal 1994 questo capolavoro del razionalismo gode di vincolo storico-architettonico, con successiva emanazione da parte del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali del vincolo relativamente all’edificio della villa e alle pertinenze della vecchia proprietà dei Muggia. (Foto A. Malagutti)

PARCO TOZZONI
Il parco si trova nella prima fascia collinare a sud-ovest della città e si estende su una pendice esposta a sud, circondata da boschi, campi coltivati e vigneti. Nell’area verde si alternano zone boscate di aspetto più naturale, ampie radure prative e macchie alberate ricche di sempreverdi e specie ornamentali, con diversi alberi di dimensioni ragguardevoli (tra cui alcune secolari roverelle). Il medesimo mosaico di ambienti caratterizza anche il parco, dove si susseguono lembi di bosco naturale e fasce densamente alberate ricche di sempreverdi che delimitano, in un continuo alternarsi di visuali aperte e chiuse, ampie radure prative arricchite da grandi alberi isolati e, nella parte sud-orientale, da un giovane impianto di olivi. La favorevole esposizione dell’area ha suggerito, nel corso di poco più di un secolo, l’introduzione di numerosi sempreverdi mediterranei (pini, cipressi, olivi, ginepri, filliree), che con la loro presenza danno vita, soprattutto nella parte orientale, a scorci di una certa suggestione che rimandano ai paesaggi tipici di regioni situate più a sud. La parte occidentale del parco, in parte limitata dalla scoscesa valletta di un piccolo rio, ospita invece un lembo di querceto con alcuni maestosi esemplari di roverella. Nel 1880 Francesco Tozzoni, conte di Imola, rilevò il podere “il Monte” (di quasi 8 ettari) e qualche anno dopo ampliò la proprietà acquistando dei terreni che appartenevano al limitrofo
fondo Frattona, con l’intenzione di costruire una villa di campagna e trasformare le porzioni a querceto e parte delle zone coltivate in un parco all’inglese di corredo alla residenza. Prima di iniziare la costruzione dell’edificio, che nei fatti non venne mai intrapresa, verso la fine del secolo il conte Francesco avviò la realizzazione del parco, avvalendosi della consulenza dell’ingegnere imolese Odoardo Pirazzoli, che mise a dimora numerosi esemplari arborei soprattutto sempreverdi (ginepri della Virginia, cedri, cipressi), diversi dei quali sono tuttora presenti. Su una parte della proprietà fu impiantato un vigneto e accanto all’ingresso di via Comezzano venne costruita una casa per il custode-vignaiolo (distrutta durante la seconda guerra mondiale). Il parco, in seguito a una permuta intervenuta tra il comune e la famiglia Tozzoni, è divenuto proprietà pubblica nel 1975 e, dopo alcuni interventi di adeguamento alla sua nuova funzione, è stato inaugurato nel 1978. Nel medesimo anno gli eredi di Sofia Serristori Tozzoni donarono al comune di Imola il palazzo di famiglia, completo di arredi, suppellettili, documenti e un’importante quadreria, che nel 1981 è divenuto museo civico e ospita le collezioni d’arte comunali.

GIARDINO PALAZZO TOZZONI E CASA MUSEO
Nel cuore della città di Imola esiste un palazzo che per cinque secoli venne abitato dalla stessa famiglia, quella dei conti Tozzoni e che dal 1981, quando venne donato al Comune, è aperto al pubblico come casa museo. I Tozzoni, toscani d’origine, si trasferirono a Imola nel corso del Quattrocento ed acquistarono due case contigue su quella che era una delle vie più importanti della città. Solo tra 1726 e 1738, a coronamento dello stato sociale prestigioso raggiunto, le case vennero trasformate in palazzo. Il linguaggio architettonico è quello scenografico del Sei e Settecento bolognese, così come settecentesca è la sistemazione dello spazio del cortile dove al centro, si trova la grande vasca dall’elegante profilo mistilineo che sappiamo essere stata ricostruita nel 1792, ammodernando una vasca più semplice, preesistente. Nella vasca confluiva un ramo del Canale dei Mulini, sul quale i conti Tozzoni vantavano un privilegio di utilizzo. La vasca aveva una funzione di raccolta dell’acqua ed era collegata ad una cisterna a pozzo e alle cantine, grazie ad un sapiente lavoro sulle condutture, dove l’acqua era elemento fondamentale per trattare la vinificazione del mosto che arrivava dai poderi di proprietà dei conti. Infatti il cortile del palazzo era di fatto, il cuore delle attività domestiche e anche di quelle agricole; dalla porta carraia sugli orti della Mezzaluna, anch’essi di proprietà Tozzoni, entravano i carri a castellata che trasportavano i barili del primo mosto e i sacchi di grano dai poderi attorno alla città. Nel cortile erano presenti anche due “conserve” e dietro la vasca spicca la collinetta erbosa della ghiacciaia. Conserve e ghiacciai erano luoghi sotterranei dove la neve dell’inverno veniva pressata e, durante la stagione calda manteneva freschi gli alimenti facilmente deperibili.

AREA ARCHEOLOGICA DI VILLA CLELIA
Nelle immediate vicinanze di Imola, poco a sud della via Emilia, l’area di Villa Clelia costituisce uno dei luoghi più significativi per la ricostruzione delle vicende storiche imolesi. L’addensarsi delle evidenze archeologiche, il loro riuso e la persistenza di frequentazione non lasciano dubbio sul fatto che qui si trovasse la necropoli principale di Forum Corneli. Allineata inizialmente ai due lati della via Aemilia, nel tempo si è estesa soprattutto verso sud e verso ovest, occupando la zona di Villa Clelia - Croce Coperta. Alla grande necropoli romana, con sepolture databili dal III sec. d.C. ma con riutilizzo di materiali più antichi, fanno seguito sepolture di IV, V e VI sec. d.C., una delle quali riferibile ad un personaggio femminile di alto rango con corredo di ornamenti preziosi. Assommano ad oltre 300 le sepolture messe in luce spesso in seguito a riaffioramenti fortuiti, ma anche grazie a scavi programmati. Tra la fine del V e gli inizi del VI sec. vi sorge, probabilmente nel sito stesso ove era stato sepolto S. Cassiano, la più antica cattedrale imolese a lui dedicata e collegata con il castrum omonimo, l’insediamento fortificato di grande importanza politica e militare sopravvissuto sino al XII sec.

CIMITERO MONUMENTALE DEL PIRATELLO
Il cimitero è parte del complesso religioso risalente alla fine del ’400, che comprende il santuario della Beata Vergine del Piratello, per la quale gli Imolesi hanno da secoli una particolare devozione, e il convento francescano. La parte ottocentesca del cimitero, racchiusa da alte mura perimetrali, possiede un patrimonio arboreo di circa 500 esemplari, con piante di notevoli dimensioni nei filari e tra le cappelle tombali (in prevalenza cipressi, ma anche cedri, magnolie e arbusti ornamentali). Oltre al notevole interesse di chiesa e monastero, nel cimitero si segnalano il Gran Campo, definito da un quadriportico che ospita diverse belle tombe gentilizie, e il Campo Monumentale, in cui risalta il monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale; anche l’antico chiostro monastico, adibito alla sepoltura delle famiglie aristocratiche imolesi, ha un particolare fascino, con tombe ricche di pregevoli arredi scultorei. Il cimitero ha nel suo insieme un fascino particolare, per la presenza dell’antico complesso religioso affacciato sulla via Emilia e dalla bella cornice verde che integra in modo armonioso la parte conventuale con i settori cimiteriali racchiusi da alti muri di cinta, oltre i quali il paesaggio si apre sulle prime colline imolesi. Con delibera del 7 agosto 2023 la Regione Emilia-Romagna ha riconosciuto il Cimitero del Piratello trai i “Cimiteri monumentali e storici dell’Emilia-Romagna” e ha concesso il contributo richiesto a sostegno di attività di promozione culturale e progetti di valorizzazione.

RISERVA NATURALE BOSCO DELLA FRATTONA
Nei pressi di Imola, lungo la valle del torrente Correcchio sopravvive una preziosa testimonianza dell'antico paesaggio della prima fascia collinare. Sullo sfondo alla recente espansione urbana, il compatto manto boscato della Frattona conserva un buon grado di naturalità. Il substrato peculiare che caratterizza l'area è geologicamente denominato sabbie di Imola, dette nell'Ottocento "sabbie gialle" per la presenza di ossidi di ferro, formatesi in mare circa un milione di anni fa e che hanno restituito interessanti fossili di animali e piante.
Giuseppe Scarabelli, antesignano della geologia italiana, a partire dal 1840 indagò il territorio e rinvenne preziosi reperti comprendenti resti di grandi mammiferi terrestri e utensili del Paleolitico inferiore, oggi conservati a Imola nel museo dedicatogli. Storicamente questo territorio fu sotto il controllo dei vescovi per secoli, poi appartenne alle famiglie nobili locali fino a gran parte del Novecento, che ne preservarono il bosco, ed infine al comune di Imola. Buona parte del bosco che ricopre il versante destro della valle, è costituito da un querceto misto ben stratificato e mesofilo, composto in prevalenza da roverelle, roveri e ibridi tra le due specie, oltre che da cerri, aceri campestri, ciavardelli, ornielli, carpini bianchi e neri. Nel sottobosco è diffuso il pungitopo e in primavera fioriscono erbacee nemorali precoci. Questa copertura vegetale di antica origine, con alcuni vecchi castagni impiantati in passato a scopo produttivo, è interrotta, soprattutto ai margini della riserva e nelle aree pianeggianti lungo il Correcchio, da coltivi abbandonati dove oggi domina la robinia, a tratti ricolonizzato da arbusti spontanei. La copertura del bosco offre rifugio anche alla fauna, tra cui spiccano per importanza biologica i chirotteri e i picchi. In più punti della riserva sono in corso interventi di miglioramento della vegetazione, con introduzione di specie arboree e arbustive tipiche.

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ultima modifica 2024-09-16T16:47:40+01:00
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