lunedì,  25 marzo 2024

Mario De Maria, “Marius Pictor” (1852-1924). Ombra cara

A cento anni dalla morte, il Museo Ottocento di Bologna celebra il pittore simbolista, tra i fondatori della Biennale di Venezia. Fino al 30 giugno 2024

A poche settimane dall'apertura della sessantesima edizione della Biennale Arte di Venezia, di cui fu tra i fondatori, e a cent'anni esatti dalla sua morte, avvenuta a Bologna il 18 marzo 1924, Bologna celebra la figura del pittore simbolista Mario De Maria, noto anche come “Marius Pictor”.
Nato a Bologna nel 1852  in una famiglia nobile che si era distinta in ambito culturale: il bisnonno era Vincenzo de Maria, violinista e direttore d'orchestra a San Pietroburgo, mentre il nonno era Giacomo De Maria, noto scultore neoclassico. Mario frequenta l'Accademia felsinea di Belle Arti per per poi trasferirsi a Roma, dove apre uno studio in via Margutta. Fu tra gli animatori del gruppo In Arte Libertas, che vantava, tra i suoi membri, gli artisti più conosciuti in ambito internazionale del periodo: Giulio Aristide Sartorio, Dante Gabriel Rossetti, Arnold Böcklin. Conosce Gabriele D’Annunzio, a cui fu legato da una profonda amicizia. Nel 1891 si trasferì a Venezia assieme a l’élite culturale italiana del circolo dannunziano che sfociò nella creazione della Mostra Internazionale d’Arte di Venezia nel 1895, di cui De Maria realizzò il primo padiglione. Egli fu inoltre l’unico bolognese a far parte della prima commissione giudicatrice della Biennale.
Fu anche architetto: a Venezia si può ancora ammirare la sua celebre Casa dei Tre Oci alla Giudecca, realizzata in ricordo della figlia Silvia scomparsa nel 1905, a soli 6 anni: i "tre occhi" (finestroni) della facciata simboleggiano lui stesso, la moglie e il figlio superstite, mentre la bimba defunta è rappresentata da una bifora che li sovrasta.
E la "Ombra cara", titolo della mostra che presenta oltre 70 opere, in corso al Museo Ottocento fino al 30 giugno 2024, è proprio quella della figlioletta defunta, resa immortale in un dipinto dell'amico e collega Vittore Grubicy de Dragon e parte del percorso espositivo. 
De Maria non si riprenderà mai completamente dal lutto, arrivando a sperimentare, nelle sue opere, un Simbolismo dai risvolti sempre più macabri e drammatici. Un'evoluzione che seguiamo ripercorrendo le sette sezioni della mostra, in dialogo con  l'allestimento permanente del Museo. .
Se all'ingresso troviamo l'autoritratto sorridente dell'artista, datato 1878, di collezione privata, più avanti incontriamo un altro autoritratto, realizzato intorno al 1890, proveniente dagli Uffizi e pervaso di malinconia, avvolto in un'atmosfera cupa, rossastra. Il teschio che sostituisce la luna del dipinto "L'alunna", ispirato ai versi del Vate e di proprietà del Museo Ottocento, è poco più tardo, del 1896. Coì come la notturna "Danza dei pavoni", di collezione privata e visibile al pubblico per la prima volta.
De Maria morì a Bologna, all’Ospedale Maggiore. Si narra che il giorno prima di morire fuggì dall’ospedale per ammirare l’ultimo raggio di sole che colpiva la facciata della Basilica di San Petronio. 

La mostra, a cura di Francesca Sinigaglia, è accompagnata da catalogo monografico in italiano e in inglese completo di illustrazioni a colori e regesto completo dei dipinti conosciuti, con testi critici degli studiosi del pittore e dei contesti di fine secolo: Elena Di Raddo, Anna Mazzanti, Francesca Sinigaglia.

L'esposizione 
si inserisce nel progetto La pittura a Bologna nel lungo Ottocento | 1796 – 1915, iniziativa promossa dal Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico del Risorgimento che coinvolge diciotto sedi espositive, in città e in provincia, nel delineare un percorso nella pittura bolognese dall’età napoleonica all’inizio della Grande Guerra.

Per tutte le informazioni:
Museo Ottocento Bologna
Orari di apertura: tutti i giorni, 10-19





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ultima modifica 2024-03-25T20:31:45+02:00
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