Della provincia reggiana si può parlare come di un museo diffuso della Resistenza e della Seconda guerra mondiale, visto il grande numero di segni memoriali, musei e percorsi dedicati a questi temi. Poiché il capoluogo fu occupato dall’esercito tedesco nella notte fra l’8 e il 9 settembre 1943, diventando il fulcro di tutti i centri di potere fascista e nazista, la lotta di Liberazione si svolse in prevalenza fuori dal centro cittadino. Uno scontro che assunse caratteri di massa, sia nella Bassa, sia sugli Appennini, dal momento che i partigiani riconosciuti furono oltre diecimila, di cui 626 caduti in combattimento o in rappresaglie.

Casa Cervi

Un particolare del percorso espositivo del Museo Cervi a Gattatico (Reggio Emilia)

Tra i luoghi di memoria nazionali riconosciuti dal Parlamento italiano (insieme alla Risiera di San Sabba, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto e Fossoli) c’è Casa Cervi, un edificio rurale situato fra i comuni di Gattatico e Campegine, che fu abitato dalla famiglia dei sette fratelli Cervi, fucilati il 28 dicembre 1943 per la loro attività antifascista. In questa casa il padre Alcide ha vissuto fino alla sua morte, avvenuta nel 1970: un lungo periodo, in cui ha raccontato agli innumerevoli visitatori la vicenda dei figli, testimoniandone i valori di libertà e socialismo. All’interno dell’edificio, diventato un emblema della Resistenza italiana, è custodito un interessante patrimonio costituito sia da oggetti conservati dalla famiglia Cervi, sia da donazioni successive di enti pubblici, associazioni e cittadini.
Il nuovo percorso museale della casa, inaugurato il 28 dicembre 2021, si snoda attraverso tre sezioni principali: “Il lavoro contadino”, “L’antifascismo e la Resistenza”, “Una famiglia nella memoria”. Oltre agli oggetti e ai documenti legati alle attività lavorative dei Cervi (il primo trattore del territorio acquistato dalla famiglia, la macchina pedalina per la stampa della propaganda clandestina, il telaio per la confezione di biancheria e indumenti) sono disponibili approfondimenti tematici grazie a mappe, elaborazioni grafiche, rassegne di fonti fotografiche, filmate e documentarie. A conclusione è possibile visitare le stanze in cui viveva la famiglia.

Gli eccidi dei civili

Altri due luoghi di memoria dell’Appennino reggiano sono quelli di Cervarolo e Bettola, dove nel 1944, il 20 marzo e la notte tra il 23 e il 24 giugno, avvennero due stragi di civili a opera di tedeschi e fascisti della Repubblica sociale. Come per i più famosi eccidi di Monte Sole e Sant’Anna di Stazzema, le vittime di entrambe le stragi erano civili estranei alle vicende belliche, con l’unica “colpa” di abitare sui territori della Linea Gotica.

A Cervarolo, dopo aver incendiato le case, i soldati tedeschi ammassarono nell’aia centrale del paese e fucilarono 23 civili e il parroco, don Giovanni Battista Pigozzi, che si era rifiutato di sottoscrivere una dichiarazione in cui avrebbe dovuto notificare che gli arrestati erano tutti “ribelli”. Un sacrario all’interno del cimitero del paese è stato eretto per le vittime del 20 marzo; l’aia della strage è stata recuperata su progetto dell’architetto Osvaldo Piacentini, e in seguito vi sono state collocate tre lapidi e un altare votivo.

A Bettola, frazione di Vezzano sul Crostolo, le vittime civili sono 32, in gran parte persone e famiglie sfollate dalla città, braccianti, carrettieri di passaggio, ragazzi e bambini in tenera età, uomini e donne di età compresa tra i 5 e i 74 anni. La strage avviene la notte di San Giovanni del 1944 per rappresaglia a un attacco partigiano avvenuto sul ponte del paese. Circa 50 uomini del presidio della Feldgendarmerie tedesca assaltano l’osteria locale, dove tutti i presenti vengono fatti uscire e ammassati nella rimessa attigua, dove sono mitragliati, cosparsi di benzina e dati alle fiamme. Alla morte riuscì a scampare solo l’undicenne Liliana Del Monte, a cui recentemente è stato dedicato un murale a Casa Bettola, nel quartiere di San Pellegrino a Reggio Emilia. Un primo monumento sul luogo dell’eccidio fu inaugurato nel giugno 1946, appena due anni dopo i fatti. Nel 1985 il Comune ha commissionato agli artisti Gallerani, Aguzzoli e Squarza un nuovo monumento, che addossa su una collinetta una serie di elementi astratti in ferro e cemento.

L’occupazione tedesca

A testimonianza della fondamentale posizione strategica della provincia di Reggio Emilia negli ultimi mesi di guerra, a Botteghe di Albinea viene insediata la Quinta sezione del Comando generale tedesco in Italia: tre edifici limitrofi, Villa Rossi, Villa Calvi e Villa Viani, ospitano l’Ufficio cartografico del Comando generale tedesco, gli alloggi degli ufficiali superiori della Wehrmacht e un centralino telefonico dotato di cavo per il collegamento diretto con Berlino. Le ville erano eleganti costruzioni di impianto ottocentesco, con parco e alberi secolari annessi. In particolare Villa Rossi era famosa per essere appartenuta a Giuditta Sidoli, eroina risorgimentale, e per essere stata frequentata forse da Giuseppe Mazzini.
Gli Alleati decidono di neutralizzare questo obiettivo militare, con lo scopo di interrompere le comunicazioni tra le armate tedesche in vista dell’offensiva finale. In collaborazione con le forze partigiane, a cui riconoscono una maggiore efficacia offensiva, elaborano la cosiddetta “Operazione Tombola”. Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1945 un centinaio di uomini scesi dall’Appennino (paracadutisti inglesi, partigiani italiani e russi) attaccano i comandi tedeschi, distruggendo le preziose attrezzature collocate nelle ville, dove le attività della Quinta Sezione sono costrette a cessare definitivamente.

La memoria sui muri

La memoria partigiana è disseminata sul territorio anche attraverso varie opere di street art, che caratterizzano il paesaggio urbano, sia della città, sia della provincia di Reggio Emilia. Abbiamo già accennato al murale di Casa Bettola, una casa cantoniera autogestita nella prima periferia di Reggio Emilia. L’edificio è decorato con due graffiti realizzati da Pietro Anceschi e da Guerrilla Spam: il primo ritrae Liliana Del Monte, unica superstite dell’eccidio di Bettola. Nel secondo, insieme a creature della foresta, sono raffigurati due emblemi della storia resistente di Reggio: il comandante partigiano Sirio (Paride Allegri) che pianta alberi e il trattore dei fratelli Cervi con il mappamondo che ara la terra.

Per dimensioni e color rosso sangue spicca l’opera intitolata “Partigiano Reggiano”, che si può vedere percorrendo l’autostrada A1. Il murale, visibile nel tratto compreso tra Terre di Canossa e Reggio Emilia, è stato realizzato nel 2020 dagli artisti Fabio Valentini in arte Neko e Marco Temperilli in arte Maik. Il luogo prescelto corrisponde alla parete nord dell’abitazione dei fratelli Manfredi a Villa Sesso, casa di latitanza e base della Resistenza per i giovani partigiani. Il murale rappresenta i cinque membri della famiglia Manfredi (il padre Virginio e i figli Alfeo, Gino, Aldino e Guglielmo) ritratti insieme a Ferdinando Miselli e ai figli Remo e Ulderico, fucilati dai fascisti durante l’eccidio di Villa Sesso, nella notte fra il 16 e il 17 dicembre 1944.

All’interno del Parco della Memoria di Correggio altri due murales realizzati da Vera Bugatti negli stessi anni (2020) decorano la Casa nel Parco. Il primo graffito contiene la figura di una donna anziana, ex staffetta partigiana, che mostra la foto di lei da giovane: dietro a essa una storia di torture e soprusi da parte del nemico. Il secondo murale è un omaggio alle stamperie clandestine, e in particolare al tipografo Patroncini che visse i giorni dell’occupazione nascosto nel solaio del suo podere insieme alla sua macchina tipografica.