Ferrara provincia
Dopo lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943, il comando tedesco era convinto che gli Alleati non avrebbero risalito via terra l’intera penisola italiana: riteneva più probabile un ulteriore sbarco sulle coste più settentrionali. Hitler temeva, in particolare, un’incursione sul versante adriatico tra Pesaro e Comacchio, sia per la presenza di approdi favoriti dai litorali sabbiosi, sia per la vicinanza con i Balcani e con il Tirolo, ai confini del Reich.
Fu così che, dall’inverno del 1943, la Todt, organizzazione tedesca per i lavori forzati, costruì la Linea Gengis Khan, che si estendeva da Bologna a Comacchio lungo la via Romea. Questa linea difensiva prevedeva la realizzazione di fortini e bunker armati di mitragliatrici o mortai, occultati all’interno di paludi, ramificazioni fluviali e canali artificiali che già costituivano una difesa naturale.
I bunker
Le principali fortificazioni si trovavano a Mesola e sfruttavano il Canal Bianco come barriera naturale, oltre al ramo del Po di Goro. Bunker aggiuntivi vennero eretti nelle località di Motte del Fondo e Ribaldesa per bloccare il passaggio sulla strada Romea da sud a nord. Complessivamente furono costruiti 25 fortini, di cui 20 ancora visibili oggi.
La costruzione dei bunker fu completata nella primavera del 1944, ma gli stessi non furono mai armati, poiché la situazione strategica era nel frattempo mutata in modo imprevedibile. Contro ogni aspettativa, il secondo sbarco alleato avvenne ad Anzio e gli angloamericani stavano risalendo l’Italia via terra. Le armi erano necessarie sulle linee del fronte e non potevano restare inutilizzate su una linea difensiva lontana dai combattimenti. I tedeschi deviarono quindi le armi verso la Linea Gotica sull’Appennino, difesa strenuamente fino alla primavera del 1945, dopodiché la Linea Gengis Khan a Mesola fu giudicata indifendibile e venne deciso un arretramento verso la “Blaue Linie”, la linea difensiva di circa 400 chilometri sull’Italia prealpina.
Nel dopoguerra diverse famiglie indigenti occuparono i bunker abbandonati, trasformandoli in abitazioni permanenti fino agli anni Sessanta. Oggi rimangono 20 dei 25 bunker originali; cinque sono stati interrati per fare spazio alla zona industriale. Dopo anni di abbandono il Comune di Mesola ha avviato un progetto di recupero dei sentieri all’interno della pineta, per permettere a scuole, cittadini e turisti di visitare queste straordinarie fortificazioni a cielo aperto.