Ferrara città
La città di Ferrara fu profondamente coinvolta dagli eventi bellici pur trovandosi a nord della Linea Gotica. Situata lungo l’asse Bologna-Venezia, la città estense era infatti in una posizione intermedia tra il fronte e la Germania: divenne quindi un importante punto strategico per i rifornimenti tedeschi e le comunicazioni tra il fronte e le retrovie. Questo la rese bersaglio di bombardamenti aerei alleati che colpirono bersagli sia militari che civili.
Gli obiettivi strategici erano la stazione ferroviaria, i due ponti sul Po a Pontelagoscuro (uno stradale e uno ferroviario, laddove il fiume si restringe e permette la congiunzione con il Veneto) e le diverse caserme militari della città. In totale furono 297 le incursioni aeree sulla città, di cui una trentina di bombardamenti a tappeto che devastarono il paesaggio urbano: l’antico borgo di Pontelagoscuro fu completamente raso al suolo assieme alle sue strutture industriali come zuccherifici, distillerie e mulini; identica sorte toccò alla stazione ferroviaria e a una parte considerevole dei suoi edifici storici. I morti civili accertati nella città che era stata di Italo Balbo, aviatore e leader carismatico del regime fascista, furono in tutto 1.070, e profonde le ferite inferte al patrimonio artistico e culturale della città padana.
I monumenti danneggiati
Il Castello Estense, maestoso simbolo di Ferrara con le sue quattro torri circondate da un fossato, nel 1944 era sede di uffici di rappresentanze militari. Fu colpito dai bombardamenti del 5 giugno e riportò lesioni considerevoli, soprattutto ai rivellini e al tetto (poi ricostruiti nel dopoguerra).
Solo sei mesi prima, nella notte tra il 14 e il 15 novembre 1943, il Castello era stato teatro del primo eccidio di guerra civile in Italia, in cui 11 ferraresi vennero fucilati con ferocia squadrista da concittadini fascisti. La vicenda è stata narrata da Giorgio Bassani nel racconto Una notte del ’43 ed è alla base del film di Florestano Vancini La lunga notte del ’43. Oggi nei pressi del Castello sono poste quattro lapidi a ricordo dell’eccidio, due sul muretto del fossato e due sulle colonne che ne reggono il cancello di accesso, all’angolo tra piazza Savonarola e corso Martiri della Libertà.
Anche il Palazzo dei Diamanti, noto per la caratteristica facciata con bugnato a forma di diamante, subì i danni delle onde d’urto delle bombe del 5 giugno. Sebbene il fronte dell’edificio sia rimasto quasi intatto, il palazzo riportò lesioni all’ala in cui era conservato il Polittico Costabili, capolavoro della pittura ferrarese del Cinquecento, eseguito dal Garofalo e dal Dosso per la chiesa di Sant’Andrea.
Un altro simbolo della città, la Cattedrale di San Giorgio, fu colpito nel terribile bombardamento del 28 gennaio 1944, e 12 persone che qui si erano rifugiate persero la vita. Il Duomo, con la sua struttura a tre cuspidi e la grandiosa facciata in stile romanico (nella parte inferiore) e gotico (nel complesso superiore), fu lesionato nell’abside, successivamente restaurata, e perse l’antica sacrestia risalente al XV secolo.
Nello stesso raid aereo venne colpita e rasa al suolo la chiesa cinquecentesca di San Benedetto: andarono irrimediabilmente perduti quadri d’autore e affreschi, oltre al tabernacolo dell’altare maggiore, reliquia superstite dell’Abbazia di Pomposa. Stessa sorte per San Guglielmo, uno dei monasteri più grandi di Ferrara, a quel tempo ampliato e adattato a caserma.
Il ghetto ebraico
Nel cuore della città, gli attacchi aerei alleati colpirono anche il ghetto ebraico, una delle zone più antiche e ricche di significato per l’intera comunità. Il ghetto di Ferrara, istituito nel XVII secolo e situato nel quartiere tra Via Mazzini, Via Vignatagliata e Via Vittoria, ospitava una fiorente comunità ebraica, che nel corso dei secoli aveva contribuito in modo significativo alla vita culturale e sociale della città. Durante i bombardamenti, molti edifici storici furono distrutti o gravemente danneggiati, tra cui abitazioni e attività commerciali.
La sinagoga di Via Mazzini, uno dei simboli della comunità, fu gravemente compromessa, sebbene non del tutto distrutta. La devastazione materiale avvenne in un contesto già segnato dalle persecuzioni razziali, iniziate nel 1938 con l’introduzione delle leggi fasciste contro gli ebrei e culminate con le deportazioni.
Il bombardamento del ghetto non fu quindi solo una tragedia per la comunità ebraica, ma rappresentò la cancellazione di un importante simbolo della presenza ebraica a Ferrara. Dopo la guerra, la città si impegnò nella ricostruzione del quartiere, che fu in parte restaurato. Oggi conserva ancora tracce della sua storia ed è diventato un simbolo della memoria ebraica e della resistenza contro l’oblio, celebrato anche nei libri di Giorgio Bassani, testimone diretto di quegli anni drammatici.