Il recupero di un mulino appenninico

L’antico Mulino ad acqua di Civago, nel comune di Villa Minozzo, provincia di Reggio Emilia, in località Civago, è uno dei mulini recuperato e restaurato grazie all’intervento finanziato dalla Regione Emilia-Romagna con i fondi del PNRR dedicati all’architettura rurale (PNRR ‐ M1C3 Turismo e Cultura ‐ Misura 2 “Rigenerazione piccoli siti culturali, patrimonio culturale, religioso e rurale”, Investimento 2.2: “Protezione e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale”) e riaperto alla fruizione pubblica nel 2025.

Il Mulino di Civago durante l’inaugurazione del 2025

Il Mulino di Civago durante l’inaugurazione del 2025

L’intervento è stato finalizzato a ripristinare la funzionalità dell’antico mulino ad acqua attraverso il restauro conservativo, la manutenzione straordinaria ed il ripristino di parti dell’edificio, dell’impianto molitorio, del canale di derivazione e della gora e degli elementi di regolazione dell’acqua.

 Gli interni della sala del mulino con, in primo piano, la macina antica restaurata e, in fondo, il nuovo impianto molitorio funzionante

Gli interni della sala del mulino con, in primo piano, la macina antica restaurata e, in fondo, il nuovo impianto molitorio funzionante

Il restauro e il recupero hanno consentito di ripristinare il funzionamento in questo antico mulino che fu edificato nella seconda metà del XIX secolo dalla Comunità di Civago e oggi affidato in gestione all'Associazione di Promozione Sociale “Il Mulino di Civago”, che lo ha parzialmente riconvertito ad ostello, con otto postazioni letto che possono essere autogestite.

Dettaglio delle pale del girante inferiore post-intervento

Il restauro effettuato grazie ai fondi del PNRR ha consentito il recupero, oltre che delle complesse opere idrauliche, di una delle quattro macine a pale orizzontali originariamente presenti, che può essere messa in funzione a scopi didattici e di conservazione della cultura materiale completando la filiera locale legata alla tradizione castanicola: castagneti da frutto coltivati, metati per l’essicazione e in futuro il mulino per la produzione di farina di castagno.

Il Mulino di Civago è censito dall’Associazione Italiana Amici dei Mulini Storici e descritto in numerose pubblicazioni. Si colloca in un contesto paesaggistico di rilievo e interessato dall’escursionismo nella Valle del Dolo (Appennino reggiano) dove erano presenti a valle altri importanti mulini: il mulino di Gazzano, ora sommerso dal lago formatosi dopo la costruzione della diga, Case Stefani di Fontanaluccia, Morsiano, Canevarolo, Cadignano, Bonzeto, Monzone, Codesino, Toano e Cerredolo.

L’immobile e il territorio

L'edificio si innalza in prossimità dell'alveo del torrente Dolo, ad un’altitudine di 952 s.l.m., all'interno di un castagneto da frutto invecchiato, a circa 50 metri dall'antico ponte che permetteva l'attraversamento del torrente stesso da parte della via detta “comunale della Garfagnana”, vicina alla chiesa parrocchiale situata nel centro del paese. Il luogo era meta di percorsi che da ogni frazione del paese conducevano, attraverso il tracciato più breve, a questa struttura di uso collettivo. 

Il mulino fu edificato nella seconda metà del XIX secolo dalla Comunità di Civago, che ne risulta proprietaria fino ai giorni nostri. Il bene, di proprietà collettiva, era amministrato da una commissione eletta dall'intero paese. Era di servizio ad una popolazione che da metà ‘800 alla prima metà del '900 si aggirava intorno al migliaio di residenti. Secondo numerose testimonianze orali, la presenza del mugnaio è certa fino al 1955. 

Testimonianza dell’anno 1890 di realizzazione

Testimonianza dell’anno 1890 di realizzazione

Ancora sulla base di fonti orali sappiamo che le quattro macine erano utilizzate per le “granaglie” comunemente presenti in montagna: castagne, segale, frumento e frumentone. 

Il mulino funzionava a pale orizzontali e utilizzava la forza motrice dell'acqua derivata dal torrente Dolo circa un chilometro più a monte attraverso un canale. Lo stesso canale venne utilizzato, nel corso degli anni, anche per il funzionamento di una segheria, oggi scomparsa. 

Il fatto che l'edificio fosse utilizzato dall'intera comunità del paese in particolar modo in alcuni periodi precisi dell'anno (dopo la raccolta e la seccatura delle castagne a fine novembre ad esempio) lo caratterizzava anche come luogo precipuo di socializzazione e di incontro.  

Il luogo aveva, nel corso di un secolo, stratificato una forte identità e caratterizzazione ed era legato ai principali “riti di passaggio” collegati ai raccolti stagionali.  

Il mulino riveste, per i residenti, soprattutto i più anziani, un forte significato simbolico e di identificazione legato al ricordo “dei tempi di una volta” ma che interseca pure aspetti riconducibili al senso di appartenenza ad una collettività. 

Il bene architettonico

Si tratta di un semplice edificio a pianta quadrangolare a due piani coperto da un grande tetto a due falde in lastre di pietra (dette “piagne” localmente), sostenute da possenti travi lignee. Esso rappresenta, per la disposizione dei locali e per il sistema idraulico, un esempio compiuto della tradizionale tipologia dei mulini montanari edificati durante la seconda metà del secolo XIX. I materiali costruttivi inoltre sono ancora oggi esclusivamente quelli tipici dell'edilizia storica montanara: legno per la carpenteria, arenaria locale per le murature e la copertura, calce di produzione locale per gli intonaci interni ed in lacerti sui muri esterni. Le splendide cortine murarie in sasso, spesse dai 50 cm. ai 60 cm., sono a ricorsi irregolari e probabilmente a sacco. In facciata si conservano alcuni elementi decorativi di pregio, di probabile reimpiego e databili intorno al XVII secolo. Alcuni conci angolari e gli stipiti delle finestre presentano il seriale motivo a zigrino ottocentesco. 

La distribuzione interna, estremamente semplice, è organizzata intorno ad una ripida scala in sasso appoggiata su di un massiccio setto murario, ai lati della quale si aprono due stanze per ciascun piano. Al piano terreno, pavimentato con monolitici lastroni di arenaria, si trovano la cucina e il vasto locale delle macine. Al piano superiore, in corrispondenza della cucina, si trova una camera da letto e, sopra il locale delle macine, un ampio ambiente oggi indifferenziato, ma suddiviso, fino a pochi decenni orsono, da tramezzi lignei in un lungo corridoio dal quale, per mezzo di quattro botole e capienti imbuti si convogliavano le granaglie nelle corrispondenti macine sottostanti, e in tre camere da letto.  

Sotto il livello del terreno e in corrispondenza della sala delle macine si apre il locale voltato delle pale lignee, all'interno del quale l'acqua, derivata a monte e velocizzata da ripidi scivoli, entrava a caduta attraverso le tre aperture poste sul retro dell'edificio e le azionava, uscendo poi da un più grande ed unico corridoio voltato in facciata, che riportava al torrente. 

Il piano terreno dell’edificio ospita le macine, mentre nel piano interrato sono collocate le ruote orizzontali.

Il piano interrato, anche detto vano dei ritrecini, è una sala in muratura di sasso di fiume con copertura voltata a botte che serve per reggere il peso della costruzione sovrastante e la spinta dell’acqua.

Il vano presenta tre aperture quadrangolari che corrispondono alle docce che convogliano l’acqua all’interno della ruota, mentre l’apertura archivoltata è utilizzate per l’uscita dell’acqua dal mulino.

Schema dell’impianto molitorio così come realizzato

Schema dell’impianto molitorio così come realizzato

Il ritrecine è la ruota idraulica che grazie alla spinta dell’acqua fa girare la macina e di conseguenza mette in funzionamento tutto il meccanismo del mulino. La ruota viene attivata dalla caduta dell’acqua che, derivata dal canale, passa per la doccia e cade nella concavità dei catini.

Il canale di accumulo ripristinato e il bottaccio

Spesso il regime idraulico torrentizio rendeva necessario l’accumulo dell’acqua in un bacino sopraelevato rispetto al vano della ruota, il cosiddetto bottaccio, ripristinato anch’esso attraverso il restauro, così come la canaletta di alimentazione del bacino di accumulo, portando così il mulino alla sua funzionalità originaria.

Il torrente Dolo e il Mulino di Civago sul fondo

Le fasi dell’intervento realizzato

Gli interventi di restauro sono così articolati:

A) Interventi interni all’edificio: 

  1. restauro e del vano seminterrato che ospita le pale: svuotamento dei materiali obsoleti, consolidamento delle murature verticali e del voltone attraverso interventi di ripristino dei conci mancanti, risarcimento delle parti di calce degradata.
  1. Conservazione sul posto degli elementi in legno ed in metallo dei meccanismi originari che non sono ripristinati.
  2. Ripristino dell’intero meccanismo per una delle quattro pale presenti.

B) Intervento sul canale di derivazione e sulla gora:

  1. Realizzazione dell’opera di presa nell’alveo del torrente Dolo attraverso la movimentazione di massi ciclopici e di medie dimensioni già presenti in alveo.
  1. Collocazione di una paratoia mobile per regolare l’apertura/chiusura dell’acqua nel canale.
  1. Restauro e ricostruzione dei chiusini in pietra e legno ancora visibili ma in stato di crollo.
  1. Riapertura del canale a “cielo aperto” con opere di scavo e posa di “cunettona” in c.a. . 
  1. Posa di ponticelli in legno nei punti originari per consentire l’attraversamento del canale. 
  1. Creazione di un camminamento adiacente al canale per garantire la fruizione e la manutenzione.
  1. Collocazione di tre pannelli illustrativi in acciaio o alluminio scatolare e pellicola in pvc resistente alla luce e agli elementi meteorici per illustrare gli elementi recuperati e la storia del luogo.
  1. Ripristino della gora del mulino attraverso scavo del materiale depositato, ripristino arginature e paratia di regolazione delle acque che saranno poi indirizzate, attraverso le canalette in legno, alle “docce” che azionano la pala. 

Video di presentazione del restauro del mulino a cura di Massimo Bonini

Video del ripristino delle opere idrauliche

Opere

Progetto e Direzione Lavori: geom. Massimo Bonini, Villa Minozzo (RE)

Indirizzo del mulino

Via Livio Gasperi, cap 42030 Civago, Villa Minozzo (RE)

Info

Rifugio escursionistico Il Mulino di Civago