Ricordo di un padre
Fa freddo, questa mattina mi sono svegliato presto, non voglio che nessuno mi veda, voglio trovare il tesoro e andarmene.
Non so se quello che sto facendo sia giusto o sbagliato, so solo che mi serve trovare il tesoro, ad ogni costo. Ho solo un’ora, dalle otto in poi la gente inizierà ad entrare nel palazzo. Non ho nessun motivo per preoccuparmi, d’altronde solo io ho le chiavi, solo io posso entrare ed uscire dal palazzo quando voglio. Ho preso la vanga e ho iniziato a contare i passi. Dieci passi verso Nord, cinque verso Ovest dal centro del labirinto, il labirinto nel quale da piccolo venivo sempre con la mia famiglia. Il labirinto in cui da piccolo trascorrevo spensierato tutte le mie giornate.
Dopo la morte di mia madre sono rimasto solo, mio padre è dovuto andare in guerra e non ne ha più fatto ritorno. Mio padre mi raccontava sempre di un tesoro, un tesoro nascosto proprio in questo magnifico giardino.
“Sai Marco qual’è il mio sogno?”, me lo ripeteva ogni giorno. “Il tuo sogno è di trovare il tesoro!” poi aggiungevo: “papà, e se non riuscissi a trovarlo?”. “Non mi importa, so solo che passerò il resto della mia vita impegnandomi a cercarlo!”.
Non sapevo di che tesoro si trattasse; se di un forziere pieno di monete d’oro o di diamanti, anche io come mio padre avrei dedicato la
mia vita a trovare il tesoro nascosto all’interno di questo meraviglioso giardino. Ma ora il passato è passato, voglio prenderlo e andarmene.
E’ l’alba, i fiori, di tutti i colori sono illuminati da sole, come fossero benedetti. Non ho tempo da perdere, inizio a scavare, sempre più in profondità, “cos’era quel rumore?”, devo calmarmi, tanto non c’è nessuno qui. Più scavavo, più iniziavo a ricordare il perché scelsi di fare questo lavoro.
Dopo la morte di mio padre non volevo che nessun altro si avvicinasse al giardino, così decisi di divenirne il custode, com’era mio padre un tempo e di trovare il tesoro ad ogni costo per rendergli omaggio. Più penso a cosa sono diventato più mi vien voglia di smettere.
Un altro rumore, cosa può essere? Mi guardo intorno ma non vedo nessuno, nessun movimento, tutto è silenzioso. Dopo un metro abbondante mi sono accorto di aver rovinato un’aiuola, l’aiuola che tanto piaceva a mia madre.
Ecco finalmente, l’ho trovato. La vanga ha appena urtato una scatola di legno, le mie mani sono talmente sporche che non riesco neanche a vedermi le unghie. Poco mi importa, ho preso la scatola e l’ho poggiata sulla ghiaia. Sono troppo eccitato, il pensiero che il tesoro era finalmente nelle mie mani mi sta rimbombando in testa.
La apro..
Era un giorno d’Estate, quello in mezzo sono io da piccolo mentre a sinistra c’è mia madre e a destra mio padre. Ci trovavamo proprio in questo giardino, la nostra seconda casa, la mia casa.
Ho capito come mio padre abbia voluto lasciarmi questa foto per non dimenticare il vero significato di questo luogo paradisiaco. Dei passi si stanno facendo sempre più vicini, ho il sole in faccia e non riesco a focalizzarmi sulla sua faccia “Bravo Marco, lo sapevo che prima o poi l’avresti trovato”.
Quel signore è mio padre.