Il respiro del presente / A tu per tu con i mosaici di Ravenna e il Museo d’arte della città
È la fine del 1949, e l’Italia è ancora coperta dalle macerie della guerra appena finita, quando Max Picard giunge a Ravenna nel corso di un viaggio memorabile. Il filosofo e scrittore svizzero rimane colpito dai mosaici per cui la città è nota da secoli, e dal fatto che la loro bellezza straordinaria sia immersa, con noncuranza, nel flusso ordinario della vita quotidiana.
Nelle figure e nei volti raffigurati nella chiesa di Sant’Apollinare Nuovo, che sembrano quasi tutti uguali, “l’esser-ci conta più della differenza dell’uno rispetto all’altro”, perché la verità non si trova nel singolo, ma nello splendore dello sfondo dorato che li circonda. “Raramente” - scrive Picard - “c’è qualcosa di tanto contrapposto come l’esistenza di quella comunità, in alto, e l’uomo isolato d’oggi. Se anche si togliesse una sola delle figure da lassù, tutte le altre la seguirebbero, tanto intensamente l’una appartiene all’altra”.
Nel Museo d’arte della città di Ravenna c’è un mosaico realizzato nel 2011 dall’artista Luca Barberini, che sembra misteriosamente dialogare con quelli creati 1500 anni fa a Sant’Apollinare, ma pure con le parole di Picard. L’opera si intitola “Folla” e fa parte della collezione del Centro internazionale di documentazione sul mosaico, istituito per promuovere la ricerca, lo studio e la valorizzazione di una forma d’arte che ha mantenuto il suo fascino dall’antichità a oggi.
Quella che a distanza appare come una composizione astratta di forme e colori, da vicino si rivela una massa indistinta di persone, ognuna delle quali è stilizzata utilizzando poche tessere accostate in modo essenziale. L’impressione è che questa folla sia letteralmente “dis-orientata”, ossia priva di un orientamento: la manifestazione di un caos uniforme, in cui non è data la possibilità di un disegno.
Nel suo viaggio a piedi attraverso le città italiane, settant’anni fa, Max Picard già avvertiva la scomparsa di un senso dalla storia umana, “come se gli eventi venissero scaraventati in un qualche cosa di amorfo e perennemente in movimento”, “come se non esistesse più il tempo nel quale gli avvenimenti stessi hanno la possibilità di esistere realmente”.
Da questa mancanza di “presenza” nasce la sensazione, più che mai nostra, che la storia scorra troppo velocemente e non ci sia tempo da dedicarle, e da dedicarsi: “È solo con la dedizione che l’essere umano può trattenere un avvenimento, ed è solo attraverso la dedizione che l’evento è veramente presente. Grazie all’amore viene generata presenza, viene generato tempo: nel tempo generato dall’amore, un evento non se ne fugge più e può avere la sua durata. Ma se all’evento viene a mancare la dedizione umana, esso, non più trattenuto, se ne scivola via rapidamente, e a un evento ne segue un altro, senza che vengano più generati né presenza né tempo, consumati a loro volta”.
Amare e immaginare, per Picard, sono forze che si incrociano: se l’immagine esige amore da parte dell’uomo, è davanti a un’immagine che veniamo esortati ad avere amore. E l’arte sta lì nel mezzo, in attesa, respirando silenziosa.
Per saperne di più sul Museo d’arte della città di Ravenna, e progettare una visita, c’è PatER - Catalogo regionale del Patrimonio culturale.
Foto > Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna - “Teoria delle sante”, decorazione musiva parietale, VI secolo (561-569)
Foto > Museo d’arte della città, Ravenna - Luca Barberini, “Folla”, opera in mosaico, XXI secolo (2011)
Le citazioni sono tratte dal libro: Max Picard, “Mondo distrutto e mondo indistruttibile. Viaggio in Italia”, edizione italiana a cura di Gabriele Picard e Mauro Stenico, Bologna, Marietti 1820, 2020.
Vittorio Ferorelli