Chi porta e chi parte / A tu per tu con la Biblioteca comunale “Passerini-Landi” di Piacenza

Chiunque si avventuri con Dante nella lettura della “Commedia”, da scolaro o da curioso, a un certo punto non può fare a meno di ringraziare chi s’è presa la briga di fare un bel disegno: quella provvidenziale immagine riassuntiva che riporta tutti i gironi dell’Inferno, tutte le balze del Purgatorio e tutti i cieli del Paradiso, aiutandoci a capire a che punto siamo.
Un’esigenza che il poeta e i suoi lettori dovettero sentire fin da subito, come dimostra lo schema inserito nel manoscritto “Landiano” del poema, il più antico tra quelli di data certa, conservato nella Biblioteca comunale “Passerini-Landi” di Piacenza, città che alla fine del Trecento fu tra le prime a istituire una cattedra per lo studio del capolavoro dantesco.

Foto > Biblioteca comunale “Passerini-Landi”, Piacenza - Manoscritto “Landi 190”, carta 2-verso - Rappresentazione dell’Inferno dantesco

Il codice, identificato con il numero 190, venne donato dal marchese Landi alla biblioteca che, al suo nome, affianca ancora quello dell’altro fondatore, il conte Passerini, e che, oltre a promuovere la pubblica lettura, fin dal 1774 conserva un prezioso patrimonio di libri antichi.

Nelle righe finali del manoscritto, realizzato su pergamena, l’amanuense ci fa sapere che si chiama Antonio da Fermo e ha concluso il suo lavoro nel 1336, rivelando anche il nome di chi gli aveva chiesto di copiare il testo da un altro codice: Beccario de Beccaria, un giudice pavese che, a quell’epoca, era podestà di Genova.
L'analisi della membrana ha svelato numerose correzioni: il copista, e forse lo stesso committente, raschiarono con cura la superficie in alcuni punti, per inserire quelle parole che, dal confronto con altri manoscritti, parevano più “giuste”. Perché in giro, ad appena 15 anni dalla morte di Dante, erano già tante le trascrizioni della “Commedia”! Tutte più o meno infedeli (ahinoi!) a quella scritta di suo pugno dal poeta, che purtroppo non ci è pervenuta.

Oggi le copie note, eseguite in tempi e luoghi diversi, sono più di 800: solo la Bibbia ne vanta di più. Questa proliferazione indica senza dubbio la rapida fortuna del poema, ma d'altra parte mette ancora a dura prova chi voglia stabilirne con certezza il testo autentico. Un testo che con il passare del tempo (e delle mani) è stato sempre più contaminato.
Basta appena un esempio. Nell’edizione critica più nota (quella stabilita da Petrocchi circa mezzo secolo fa), quando Virgilio spiega che le anime nate prima di Cristo, compresa la sua, si trovano nel Limbo perché non furono battezzate, si rivolge a Dante e definisce il battesimo come la “porta della fede che tu credi”. L’edizione realizzata da Sanguineti nel 2001, invece, propone una lezione diversa, proprio quella che si trova nel codice “Landiano”, dove il primo sacramento è “parte della fede che tu credi”. Una differenza non da poco!

È per questo che aspettando il 2021, quando saranno trascorsi sette secoli dall’ultimo sguardo di Dante sul nostro mondo, c’è ancora chi sogna di ritrovare l’originale perduto e chi, dal canto suo, continua a nutrire una fede del tutto laica in un’edizione nuova, che ci restituisca finalmente limpida la sua voce: “con tutto ‘l core e con quella favella / ch’è una in tutti”.

Per saperne di più si possono consultare il sito della Biblioteca “Passerini-Landi e la versione digitale del Manoscritto “Landi 190”.


Foto > Biblioteca comunale “Passerini-Landi”, Piacenza - Manoscritto “Landi 190”, carta 2-verso - Rappresentazione dell’Inferno dantesco


L’autore del testo ha verificato per quanto possibile le fonti documentarie e i crediti iconografici utilizzati; eventuali modifiche e integrazioni possono essere richieste contattandolo:

Vittorio Ferorelli

 

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