Sartorie storiche in Emilia-Romagna
Sartorie storiche in Emilia-Romagna
La storia del sarto incomincia nel basso medioevo, epoca durante la quale questa arte si specializza per venire incontro alle esigenze di una clientela sempre più esigente. A partire dal XIII secolo infatti gli studiosi fanno risalire la moda, intesa non solo come cambiamento di fogge, ma anche come fenomeno capace di produrre effetti sul piano economico e capace di rivelare le gerarchie all’interno della società. Il termine moda viene coniato nel XVII secolo, tuttavia, già nel basso Medioevo nelle persone si ravvisa la consapevolezza che l’abito è in grado di comunicare messaggi molto chiari, dunque degno di una particolare attenzione. Il sarto è colui che ha il compito di creare questo linguaggio, conoscendone perfettamente grammatica e sintassi; proprio per questo motivo, le leggi che disciplinavano il lusso nelle città, punivano i sarti che avessero confezionato abiti preziosi ed eleganti a persone che non avevano lo stato sociale adeguato per poterli esibire.
Le tecniche sartoriali medievali e della prima età moderna si possono desumere in parte da fonti normative come gli statuti dell’arte, ma soprattutto dalle fonti notarili, come per esempio gli inventari delle botteghe, e da quelle materiali che, quando pervenute, consentono di ricostruire il lavoro di progettazione dell’abito. Le tecniche sartoriali sono note a partire dalla fine del XVI secolo, quando incominciano ad essere pubblicati e diffusi i primi manuali di sartoria, che consentono di capire come venivano sviluppati i modelli dei capi di abbigliamento.
I principali fenomeni che hanno interessato l’epoca moderna dal punto di vista politico ed economico hanno determinato effetti anche nell’evoluzione di questo mestiere, dalla nascita e sviluppo della moda nel XVII secolo, alle novità portate dalla rivoluzione industriale. Il sarto adotta nuovi metodi di lavoro, agevolati da alcuni strumenti quali il nastro graduato, il ferro da stiro, la macchina da cucire, il suo lavoro rimane tuttavia sostanzialmente invariato fino almeno alla seconda metà dell’Ottocento, quando con Charles Frederick Worth si verifica un cambiamento di tipo culturale. Fino a quel momento infatti i sarti erano meri esecutori dell’abito, non potendo intervenire sulle fogge, che erano inventate in un primo tempo all’interno delle corti, successivamente nei nuovi centri di elaborazione culturali alternativi a queste ultime. Dopo le marchandes de modes, creatrici di mode e, specialmente, di accessori, che nel Settecento erano state le prime artigiane a proporre proprie invenzioni, Worth, sarto di origine inglese attivo a Parigi nella seconda metà del XIX secolo, è il primo artigiano a proporre modelli di propria creazione alla clientela, di cui era diventato un consulente del gusto. Con Worth nasce l’haute couture e inizia la grande stagione delle maisons parigine, punto di riferimento per un lungo periodo di tutte le sartorie di alta moda europee comprese quelle italiane.
Le tecniche sartoriali medievali e della prima età moderna si possono desumere in parte da fonti normative come gli statuti dell’arte, ma soprattutto dalle fonti notarili, come per esempio gli inventari delle botteghe, e da quelle materiali che, quando pervenute, consentono di ricostruire il lavoro di progettazione dell’abito. Le tecniche sartoriali sono note a partire dalla fine del XVI secolo, quando incominciano ad essere pubblicati e diffusi i primi manuali di sartoria, che consentono di capire come venivano sviluppati i modelli dei capi di abbigliamento.
I principali fenomeni che hanno interessato l’epoca moderna dal punto di vista politico ed economico hanno determinato effetti anche nell’evoluzione di questo mestiere, dalla nascita e sviluppo della moda nel XVII secolo, alle novità portate dalla rivoluzione industriale. Il sarto adotta nuovi metodi di lavoro, agevolati da alcuni strumenti quali il nastro graduato, il ferro da stiro, la macchina da cucire, il suo lavoro rimane tuttavia sostanzialmente invariato fino almeno alla seconda metà dell’Ottocento, quando con Charles Frederick Worth si verifica un cambiamento di tipo culturale. Fino a quel momento infatti i sarti erano meri esecutori dell’abito, non potendo intervenire sulle fogge, che erano inventate in un primo tempo all’interno delle corti, successivamente nei nuovi centri di elaborazione culturali alternativi a queste ultime. Dopo le marchandes de modes, creatrici di mode e, specialmente, di accessori, che nel Settecento erano state le prime artigiane a proporre proprie invenzioni, Worth, sarto di origine inglese attivo a Parigi nella seconda metà del XIX secolo, è il primo artigiano a proporre modelli di propria creazione alla clientela, di cui era diventato un consulente del gusto. Con Worth nasce l’haute couture e inizia la grande stagione delle maisons parigine, punto di riferimento per un lungo periodo di tutte le sartorie di alta moda europee comprese quelle italiane.
Le sartorie emiliano-romagnole
I dati ricavabili da una ricerca sulle sartorie storiche emiliano-romagnole appena conclusa consentono di comprendere lo sviluppo e la crisi di questo mestiere avvenuto nel corso del Novecento. La ricerca sulle sartorie storiche cui si è fatto cenno è frutto di una più vasta ricerca sui “Mestieri della moda” svolta nell’ambito dell’insegnamento di “Storia del costume e della moda” del corso di laurea in “Culture e Tecniche della Moda”, Facoltà di Lettere e Filosofia, dell’Università di Bologna, Polo Scientifico Didattico di Rimini, ed è stata condotta in collaborazione con l’Istituto Beni Artistici, Culturali e Naturali della regione Emilia-Romagna. Obiettivo della ricerca era quello di individuare le sartorie storiche della regione sulla base di alcuni criteri, al fine di catalogare e documentare le attività più significative di cui si stava perdendo memoria, attraverso la raccolta di dati e testimonianze. Negli ultimi decenni in Italia si è infatti assistito alla lenta e progressiva scomparsa di attività artigianali che, fin dal Medioevo, erano state alla base della produzione degli oggetti di moda. Il processo di trasmissione del sapere, frutto della sedimentazione di esperienza e innovazioni avvenuti in quasi cinque secoli di evoluzione, rischia ora di essere inesorabilmente interrotto. Le sartorie del Novecento hanno infatti subìto una grande contrazione a causa dell’industria della confezione intorno agli anni Settanta, epoca a cui si data la prima crisi del settore che oggi, soprattutto per quanto riguarda la sartoria maschile e l’alta moda femminile segna un recupero a fronte tuttavia della mancanza di personale specializzato da impiegare negli ateliers. La ricerca sulle sartorie storiche emiliano-romagnole si è posta come obiettivo quello di contenere, se possibile, la dispersione del ricco patrimonio di questo mestiere, costituito da competenze tecniche e cultura sartoriale, che purtroppo nessun tipo di studio potrà mai appieno restituire alla pari dell’apprendimento in bottega.
Per sartorie storiche si sono intese le sartorie che hanno incominciato la loro attività tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, decennio che ha segnato nella nostra regione e in Italia il periodo di massimo lavoro per la confezione su misura. Ad una prima ricerca infatti è risultato evidente come la maggior parte dei titolari delle sartorie individuate abbia iniziato la propria attività tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, formandosi presso altre sartorie ora scomparse. Grazie tuttavia alle interviste effettuate a sarti e sarte in pensione o ancora in attività è stato possibile risalire anche ad alcune sartorie che sono state attive a partire dagli anni Venti e Trenta del Novecento, presso le quali alcuni di questi ultimi si erano formati. Per alcune sartorie attive tra gli anni Venti e Quaranta è stato necessario intervistare parenti, in genere figli, che si sono dimostrati disponibili a collaborare mettendo a disposizione i ricordi famigliari. Le informazioni reperite su queste antiche sartorie oggi scomparse si sono rivelate molto utili, consentendo di recuperare testimonianze che rischiavano di scomparire con le sartorie stesse.
Una volta circoscritto l’arco cronologico di indagine si è proceduto ad individuare le sartorie più rinomate, che sono state selezionate attraverso il target della clientela, la presenza di un metodo di lavoro originale, la presenza all’interno dell’atelier di una scuola di taglio, i riconoscimenti ricevuti nel corso della professione dai sarti. E’ doveroso precisare che non è stato possibile censire e catalogare tutte le sartorie della regione: i limiti della ricerca sono da imputare alla scomparsa delle persone, alla disponibilità delle stesse, alla memoria perduta per sempre di alcune attività. La storia di tutte le sartorie censite, così come tutti i dati della ricerca, che comprende anche considerazioni più ampie su questo mestiere in Emilia-Romagna e in Italia e in Europa, è stata pubblicata all’interno del libro Artisti del quotidiano. Sarti e sartorie storiche in Emilia-Romagna (Clueb, 2009), con un ricco apparato di fotografie.
I dati ricavabili da una ricerca sulle sartorie storiche emiliano-romagnole appena conclusa consentono di comprendere lo sviluppo e la crisi di questo mestiere avvenuto nel corso del Novecento. La ricerca sulle sartorie storiche cui si è fatto cenno è frutto di una più vasta ricerca sui “Mestieri della moda” svolta nell’ambito dell’insegnamento di “Storia del costume e della moda” del corso di laurea in “Culture e Tecniche della Moda”, Facoltà di Lettere e Filosofia, dell’Università di Bologna, Polo Scientifico Didattico di Rimini, ed è stata condotta in collaborazione con l’Istituto Beni Artistici, Culturali e Naturali della regione Emilia-Romagna. Obiettivo della ricerca era quello di individuare le sartorie storiche della regione sulla base di alcuni criteri, al fine di catalogare e documentare le attività più significative di cui si stava perdendo memoria, attraverso la raccolta di dati e testimonianze. Negli ultimi decenni in Italia si è infatti assistito alla lenta e progressiva scomparsa di attività artigianali che, fin dal Medioevo, erano state alla base della produzione degli oggetti di moda. Il processo di trasmissione del sapere, frutto della sedimentazione di esperienza e innovazioni avvenuti in quasi cinque secoli di evoluzione, rischia ora di essere inesorabilmente interrotto. Le sartorie del Novecento hanno infatti subìto una grande contrazione a causa dell’industria della confezione intorno agli anni Settanta, epoca a cui si data la prima crisi del settore che oggi, soprattutto per quanto riguarda la sartoria maschile e l’alta moda femminile segna un recupero a fronte tuttavia della mancanza di personale specializzato da impiegare negli ateliers. La ricerca sulle sartorie storiche emiliano-romagnole si è posta come obiettivo quello di contenere, se possibile, la dispersione del ricco patrimonio di questo mestiere, costituito da competenze tecniche e cultura sartoriale, che purtroppo nessun tipo di studio potrà mai appieno restituire alla pari dell’apprendimento in bottega.
Per sartorie storiche si sono intese le sartorie che hanno incominciato la loro attività tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, decennio che ha segnato nella nostra regione e in Italia il periodo di massimo lavoro per la confezione su misura. Ad una prima ricerca infatti è risultato evidente come la maggior parte dei titolari delle sartorie individuate abbia iniziato la propria attività tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, formandosi presso altre sartorie ora scomparse. Grazie tuttavia alle interviste effettuate a sarti e sarte in pensione o ancora in attività è stato possibile risalire anche ad alcune sartorie che sono state attive a partire dagli anni Venti e Trenta del Novecento, presso le quali alcuni di questi ultimi si erano formati. Per alcune sartorie attive tra gli anni Venti e Quaranta è stato necessario intervistare parenti, in genere figli, che si sono dimostrati disponibili a collaborare mettendo a disposizione i ricordi famigliari. Le informazioni reperite su queste antiche sartorie oggi scomparse si sono rivelate molto utili, consentendo di recuperare testimonianze che rischiavano di scomparire con le sartorie stesse.
Una volta circoscritto l’arco cronologico di indagine si è proceduto ad individuare le sartorie più rinomate, che sono state selezionate attraverso il target della clientela, la presenza di un metodo di lavoro originale, la presenza all’interno dell’atelier di una scuola di taglio, i riconoscimenti ricevuti nel corso della professione dai sarti. E’ doveroso precisare che non è stato possibile censire e catalogare tutte le sartorie della regione: i limiti della ricerca sono da imputare alla scomparsa delle persone, alla disponibilità delle stesse, alla memoria perduta per sempre di alcune attività. La storia di tutte le sartorie censite, così come tutti i dati della ricerca, che comprende anche considerazioni più ampie su questo mestiere in Emilia-Romagna e in Italia e in Europa, è stata pubblicata all’interno del libro Artisti del quotidiano. Sarti e sartorie storiche in Emilia-Romagna (Clueb, 2009), con un ricco apparato di fotografie.
La ricerca sulle sartorie storiche dell’Emilia-Romagna ha avuto come obiettivo quello di recuperare la memoria del mestiere del sarto, partendo dal censimento e dalla catalogazione delle sartorie più significative della regione, che sono state attive in un dato periodo. Molta attenzione è stata posta al criterio di raccolta dei dati, organizzati in una scheda contenente precise domande da rivolgere all’interlocutore, di volta in volta diverso: nel caso migliore un sarto o una sarta oppure famigliari, clienti, lavoranti di questi ultimi. Tale ricerca ha consentito di individuare 53 sartorie, dalle quali sono emersi casi molto interessanti, come per esempio la sartoria bolognese Policardi, la più antica di cui in regione è stato possibile ricostruire la storia. La sartoria Policardi è infatti stata aperta nel 1860 e, grazie alla sensibilità degli eredi, che hanno scrupolosamente conservato parte dell’archivio dell’attività famigliare, è possibile visionare materiale piuttosto antico come documenti, figurini e fotografie che consentono di inserire la storia della città di Bologna entro un contesto più ampio. Si tratta di un contesto riferibile al mondo della moda che in occidente aveva come punto di riferimento Parigi, dal quale negli anni Trenta alcune sartorie italiane incominciavano ad affrancarsi. La sartoria Policardi e altre sartorie bolognesi documentano i tentativi di alcuni ateliers italiani di rendersi pian piano autonomi dall’egemonia della città considerata la capitale della moda mondiale, proponendo propri modelli presentati in sfilate organizzate dal Comitato bolognese dell’Ente Nazionale della Moda. La ricerca ha inoltre consentito di individuare due interessanti scuole fondate negli anni Trenta in regione, entrambe nate da esperienze sartoriali, rivelatesi importanti sia dal punto di vista didattico sia per lo stretto rapporto maturato con le aziende del territorio: si tratta della Scuola di sartoria fondata da Giulia Maramotti a Reggio Emilia e dell’Istituto Florentia di Modena, fondato da Sergio Testi, che a partire dagli anni Trenta hanno formato sarte e sarti che hanno in genere trovato lavoro nell’industria di confezione.
Gli archivi delle sartorie
In occasione della ricerca è stato interessante constatare che la maggior parte dei sarti e delle sarte intervistate non avesse ritenuto utile conservare un archivio della propria sartoria. In occasione dei sopralluoghi è stato chiesto loro se avevano conservato gli strumenti utilizzati nel corso tempo, intendendo con questi non soltanto gli attrezzi del laboratorio ma anche cartamodelli, modelli, riviste e tutto ciò che poteva aver documentato la loro attività. A questa domanda purtroppo la maggior parte dei sarti intervistati è stata colta di sorpresa, non avendo ritenuto opportuno conservare tutto. Alcuni sarti hanno dichiarato di essersi resi conto dell’importanza dell’archivio soltanto in tempi recenti, quando hanno incominciato a conservare con cura il proprio materiale, altri invece lo hanno in parte conservato anche se in maniera confusa e disordinata. Dalla ricerca è emerso quindi che nessuno dei sarti intervistati possiede un archivio completo e ordinato. La maggior parte del materiale conservato riguarda in primo luogo fotografie e attestati di premi e sfilate, cartamodelli, riviste, articoli di giornali, in minor misura abiti, che in alcuni casi sono tuttavia gelosamente conservati dalle clienti. I sarti e le sarte hanno sempre lavorato con competenza e passione senza tuttavia essere pienamente consapevoli dell’importanza del proprio lavoro, che mette insieme artigianalità e creatività di alto livello. In realtà, in regione non mancano archivi di sartorie, certo sono pochi, ma in alcuni casi molto interessanti essendo riferibili ad attività abbastanza antiche e ben documentate, anche attraverso oggetti fragili come gli abiti.
Elisa Tosi Brandi
Per gli approfondimenti sul tema e la bibliografia si rimanda al volume E. Tosi Brandi, Artisti del quotidiano. Sarti e sartorie storiche in Emilia-Romagna, Clueb, Bologna 2009
In occasione della ricerca è stato interessante constatare che la maggior parte dei sarti e delle sarte intervistate non avesse ritenuto utile conservare un archivio della propria sartoria. In occasione dei sopralluoghi è stato chiesto loro se avevano conservato gli strumenti utilizzati nel corso tempo, intendendo con questi non soltanto gli attrezzi del laboratorio ma anche cartamodelli, modelli, riviste e tutto ciò che poteva aver documentato la loro attività. A questa domanda purtroppo la maggior parte dei sarti intervistati è stata colta di sorpresa, non avendo ritenuto opportuno conservare tutto. Alcuni sarti hanno dichiarato di essersi resi conto dell’importanza dell’archivio soltanto in tempi recenti, quando hanno incominciato a conservare con cura il proprio materiale, altri invece lo hanno in parte conservato anche se in maniera confusa e disordinata. Dalla ricerca è emerso quindi che nessuno dei sarti intervistati possiede un archivio completo e ordinato. La maggior parte del materiale conservato riguarda in primo luogo fotografie e attestati di premi e sfilate, cartamodelli, riviste, articoli di giornali, in minor misura abiti, che in alcuni casi sono tuttavia gelosamente conservati dalle clienti. I sarti e le sarte hanno sempre lavorato con competenza e passione senza tuttavia essere pienamente consapevoli dell’importanza del proprio lavoro, che mette insieme artigianalità e creatività di alto livello. In realtà, in regione non mancano archivi di sartorie, certo sono pochi, ma in alcuni casi molto interessanti essendo riferibili ad attività abbastanza antiche e ben documentate, anche attraverso oggetti fragili come gli abiti.
Elisa Tosi Brandi
Per gli approfondimenti sul tema e la bibliografia si rimanda al volume E. Tosi Brandi, Artisti del quotidiano. Sarti e sartorie storiche in Emilia-Romagna, Clueb, Bologna 2009