Archeologia industriale
L’Emilia-Romagna è stata una delle prime regioni ad avviare, alla fine degli anni Settanta, un censimento del patrimonio industriale, attraverso varie iniziative volte a finalità differenti, incontrando le difficoltà insite nell'affrontare un originale ambito di studio con strumenti di indagine ancora poco discussi e certamente non formalizzati. Quegli anni hanno visto la nascita e la diffusione di un intenso dibattito sulla catalogazione, in particolare a proposito del patrimonio di cultura materiale di cui l'Italia è ricca. Da allora, mentre l'ICCD ha mostrato sensibilità per il patrimonio "demoetnoantropologico", al quale ha dedicato e promosso un sistema di schede, addirittura modificando l'intestazione delle Soprintendenze, i vari tentativi di definire una scheda sul patrimonio storico industriale condivisa a livello nazionale e degna del beneplacito dell'ICCD non sono andati a buon fine. Il primo modello di scheda studiato per i complessi industriali è stato elaborato dalla Sezione Lombardia della SIAI, (si veda M. Negri, "Il censimento dei monumenti industriali: problemi di gestione”, in La macchina arrugginita, Feltrinelli, Milano, 1982). Altre sperimentazioni sono state condotte da istituti universitari come lo IUAV di Venezia, da alcuni organismi regionali come la Sardegna e da altre regioni come l'Umbria e l'Emilia-Romagna, con il determinante impulso dell'AIPAI, che hanno prodotto modelli di scheda impiegati per il catalogo del patrimonio storico industriale.
La filosofia di questo progetto discende da una concezione oggi condivisa dell'idea di patrimonio industriale, che si preferisce alla più nota, ma meno precisa nozione di "archeologia industriale" che, da una parte, evoca correttamente il metodo dello scavo per riportare alla luce frammenti grandi o piccoli della storia del lavoro del passato, ma dall'altra rischia di circoscrivere l'interesse al singolo manufatto, considerato separatamente rispetto al contesto storico, produttivo, economico e sociale. E la ricomposizione di tale contesto è essenziale per conoscere e fare conoscere una storia che coinvolge non solo vicende imprenditoriali, soluzioni architettoniche, tecniche di lavoro, rapporti di produzione e condizioni di lavoro all'interno di questo o quell'opificio, ma più in generale la costruzione e le trasformazioni del paesaggio antropizzato.
A partire dalla consultazione della documentazione edita e inedita, il Servizio Beni Architettonici e Ambientali dell’IBC, soppresso nel 2020, condusse una verifica dello stato di edifici e impianti produttivi, con l'obiettivo di documentare in modo sintetico le vicende significative del patrimonio industriale regionale. Fu avviato un censimento col quale si intese prefigurare una sorta di atlante del vasto panorama produttivo regionale, senza tuttavia effettuarne una rilevazione sistematica, ma affrontando in primo luogo i siti più conosciuti, il cui destino, in quanto dismessi o in rovina, costituiva o continua a costituire oggetto di dibattito in sede locale. Una prima fase della ricerca ha riguardato gli impianti che, dopo un periodo di abbandono, sono stati oggetto di recupero attraverso iniziative dagli esiti differenti. In modo analogo sono stati esaminati gli stabilimenti in cui il processo di dismissione, giunto al suo epilogo, non è stato seguito da alcun intervento di recupero o riciclo, aprendo inevitabilmente la strada all'abbandono e al degrado. In prospettiva l'attenzione si concentrerà sul patrimonio "minore", siti di modeste dimensioni produttive, come i moltissimi impianti molitori e le innumerevoli fornaci da calce e da laterizi, di grande rilievo nella storia del lavoro.
Attraverso un repertorio bibliografico, attualmente costituito da oltre cinquecento titoli, sono state ricostruite le vicende di numerosi impianti produttivi, localizzati nelle nove province della regione. La consultazione di alcuni strumenti di ricerca e visualizzazione delle immagini disponibili in rete, quali Google maps e Google street view, ha inoltre documentato lo stato attuale degli impianti, segnalando i cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi anni e consentendo una loro rappresentazione dinamica. Più recentemente è stata avviata la campagna fotografica dell'intera regione.
La consultazione della documentazione disponibile ha quindi consentito la redazione delle schede di censimento, sintesi delle schede elaborate dall’allora IBC e utilizzate in altri contesti regionali, contenenti i dati essenziali relativi alla localizzazione, alla cronologia e alla destinazione originaria degli impianti produttivi, accanto ad un’approfondita ricostruzione delle loro vicende tanto economiche quanto architettoniche e a una bibliografia relativa al sito studiato.
La banca dati dell'archeologia industriale
La banca dati contiene informazioni riguardanti la storia architettonica, produttiva e sociale dei siti industriali ed è aggiornata sulla base dei materiali raccolti e attraverso approfondimenti di carattere monografico.
La banca dati è stata curata da Massimo Tozzi Fontana e redatta da Enrico Chirigu.
La realizzazione tecnica è di Maria Elena Tosi; la campagna fotografica è stata svolta da Andrea Scardova.
Accedi alla banca dati (PatER-catalogo del patrimonio culturale dell'Emilia-Romagna)