Museo civico archeologico “Luigi Fantini” di Monterenzio (Bologna) - Quadrante solare in terracotta di ambito etrusco-celtico, seconda età del Ferro (420-380 avanti Cristo)

“Siamo come il sole a mezzogiorno, baby! / Senza più nessuna ombra intorno”: le parole che Jovanotti cantava qualche anno fa descrivono con chiarezza un istante della giornata che oggi può passare inosservato ma per gli antichi aveva un valore fondamentale.
Se per noi, infatti, il mezzogiorno è semplicemente l’ora in cui l’appetito si fa sentire e il sole passa sul meridiano del luogo dove ci troviamo, per i nostri antenati era invece il momento cruciale in cui quel preciso luogo coincideva con l’asse del mondo: niente meno che il perno intorno a cui ruotava l’intero universo. Chi era capace di determinare quella linea, dunque, veniva considerato un sapiente e l’oggetto che adoperava per farlo aveva, a tutti gli effetti, il potere di uno strumento magico.

Sono pochissimi, purtroppo, gli oggetti di questo tipo arrivati fino a noi dal passato più remoto. Uno di essi però fu ritrovato nel 1968 proprio sull’Appennino bolognese, durante le prime indagini archeologiche condotte sul massiccio di monte Bibele, e oggi fa mostra di sé nel Museo civico archeologico “Luigi Fantini” di Monterenzio.
Qualcosa di simile è stato rinvenuto finora solo a Qumran, nei pressi del Mar Morto, ma il nostro manufatto sarebbe più antico di circa duecento anni: risale infatti alla seconda età del Ferro, tra il 420 e il 380 avanti Cristo, quando sul massiccio, già abitato da popolazioni etrusche, stavano per sopraggiungere nuove genti celtiche.

A prima vista lo strumento ha un aspetto piuttosto semplice, non è altro che un disco di terracotta del diametro di circa 8 centimetri, con dei cerchi concentrici incisi sulla superficie e una piccola cavità nel centro. E tuttavia il suo utilizzo richiedeva conoscenze astronomiche niente affatto comuni per quell’epoca.
Funzionava come un quadrante solare: nella cavità centrale veniva inserita un’asticella, che esposta alla luce esterna proiettava un’ombra sulla superficie del disco. All’alba quest’ombra appariva allungata in direzione opposta al sorgere del sole, e poi, man mano che la luce aumentava, la proiezione ruotava e si accorciava sempre di più, fino a diventare minima a mezzogiorno; tornava quindi ad allungarsi progressivamente, fino a sparire in direzione del tramonto.

Secondo le ricostruzioni degli esperti, chi adoperava il disco lo teneva fermo in una determinata posizione e, prima che il sole arrivasse nel punto più alto sull’orizzonte, segnava su uno dei cerchi incisi il punto in cui l’ombra lo attraversava. Poi, dopo che il sole aveva iniziato la sua discesa, segnava sullo stesso cerchio il secondo punto attraversato dall’ombra, quindi univa con un segmento di corda i due segni e individuava il punto di mezzo tra l’uno e l’altro: la linea che da questo punto intersecava il centro del disco, quella stessa che noi oggi chiamiamo “linea meridiana”, allora segnava, in un colpo solo, il confine diurno tra giorno e notte, la direzione nord-sud e, come detto, l’asse del mondo.

Quadrante solare installato sul rover “Mars 2020 Perseverance” - foto Niels Bohr Institute, Copenhagen, Denmark / NASA-JPL-Caltech / ASU

Per l’architetto e archeologo Antonio Gottarelli, che dirige il Museo “Fantini” e ha studiato a lungo il disco solare di monte Bibele, questo “strumento astronomico palmare” aveva un ruolo fondamentale anche nei riti di fondazione delle città etrusche. Una funzione “pionieristica” che accomuna in modo singolare il nostro antico disco di terracotta al suo discendente più moderno: il quadrante solare metallico utilizzato dai veicoli robotizzati nelle esplorazioni di Marte.

Il motto impresso su questo strumento astronautico, “Two Worlds, One Beginning” (“Due mondi, un inizio”), allude alla lontanissima parentela tra la nostra Terra e il Pianeta Rosso, nati entrambi dalla polvere cosmica. Con la speranza di non tornare insieme, prima del tempo, allo stato “polveroso” di partenza, sia qui sulla Terra che là su Marte potrebbe quindi valere un’antica massima di saggezza, che fa il paio con le parole di Jovanotti: “Se a mezzogiorno il re ti dice che è notte fonda, tu contempla le stelle”.


Per saperne di più e progettare una visita al Museo civico archeologico “Luigi Fantini” di Monterenzio c’è PatER - Catalogo regionale del Patrimonio culturale.

Chi volesse sperimentare il metodo antico per la determinazione della linea meridiana (il cosiddetto “metodo dei cerchi indù”) può consultare il sito della “Rete di Eratostene”.
Foto > Museo civico archeologico “Luigi Fantini” di Monterenzio (Bologna) - Quadrante solare in terracotta di ambito etrusco-celtico, seconda età del Ferro (420-380 avanti Cristo)
Foto > Quadrante solare installato sul rover “Mars 2020 Perseverance” - foto Niels Bohr Institute, Copenhagen / NASA-JPL-Caltech / ASU

L’autore del testo ha verificato per quanto possibile le fonti documentarie e i crediti iconografici utilizzati; eventuali modifiche e integrazioni possono essere richieste contattandolo: vittorio.ferorelli@regione.emilia-romagna.it