21 grammi e non sentirli / A tu per tu con il Museo della bilancia di Campogalliano
Quanto può pesare una lacrima? Per Gianni Rodari, maestro dell'immaginazione, la lacrima di un bimbo capriccioso pesa meno del vento, quella di un bimbo affamato pesa più di tutta la terra. E un’anima? Quale può essere, in fondo, il peso di un’anima? Forse dipende se è triste o allegra, se propende verso l’alto o verso il basso, se preferisce la classica o il jazz...
Qualcuno però, almeno una volta, ha provato a essere più preciso. Duncan MacDougall, un medico del Massachusetts, nel 1907 ha azzardato un’ipotesi: l'anima pesa poco più di 21 grammi. Una quantità che aveva misurato riportando il peso di alcuni moribondi prima e dopo il loro trapasso, quando, secondo la credenza, lo spirito ci lascia.
Nonostante la totale inattendibilità di quegli esperimenti, il dato è divertente: se le cose stessero davvero così, l’anima peserebbe poco più di una missiva spedita per posta; quindi, per misurarne con precisione la “stazza”, basterebbe una semplice pesalettere. Come quella che vediamo qui, in uno splendido esemplare ottocentesco, conservato dal Museo della bilancia di Campogalliano.
Costruita dall’inglese William Lund, questa bilancia per uso postale ha più o meno la stessa età del “Penny Black”, il primo francobollo emesso al mondo, disponibile dall’1 maggio 1840 nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. I due piatti, così come il giogo che li sostiene, sono stati realizzati in ottone, inciso e traforato in modo da creare un’elegante decorazione a forma di tralci, rami e foglie. Sono di ottone anche i pesi, ordinatamente impilati nell’incavo circolare posto al centro dello strumento, che funziona secondo il metodo messo a punto nel Seicento dal matematico francese Gilles Personne de Roberval.
Nelle bilance più antiche i piatti oscillano appesi ai due bracci orizzontali, a cui sono collegati da corde o catene: da una parte va messo l’oggetto da pesare, dall’altra i pesi, fino a raggiungere il punto di equilibrio, che determina la misura effettiva della pesata. Nelle bilance di tipo Roberval, invece, i piatti non pendono, ma sono imperniati su due bracci verticali, collegati tra loro da altri due bracci orizzontali, in modo da creare un parallelogrammo che oscilla intorno al fulcro centrale.
Questo tipo di bilancia, oltre a eliminare l’impaccio e gli inconvenienti che derivano dalla presenza di catene o corde sospese, libera dall’obbligo di centrare gli oggetti all’interno dei piatti, perché la loro posizione rispetto al fulcro non condiziona la pesatura.
Nel Museo di Campogalliano, oltre alle pesalettere come questa, si possono vedere da vicino strumenti di misurazione di ogni tipo e capire come funzionano, partendo dalle antiche stadère in bronzo per arrivare alle moderne celle di carico delle bilance elettroniche. Che si tratti di uova o neonati, monete o pesci vivi, farine o bisonti della strada, alla fine della visita sarà chiaro come sia possibile misurare il peso di qualsiasi cosa. Tranne quello dello spirito, si intende!
Per saperne di più, e progettare una visita al Museo della bilancia di Campogalliano, c’è PatER - Catalogo regionale del Patrimonio culturale.
Foto > Museo della bilancia di Campogalliano - Bilancia pesalettere tipo Roberval, costruita da William Lund (1840-1871) - foto di Giorgio Giliberti
Foto > Schema semplificato della bilancia di Roberval
L’autore del testo ha verificato per quanto possibile le fonti documentarie e i crediti iconografici utilizzati; eventuali modifiche e integrazioni possono essere richieste contattandolo: vittorio.ferorelli@regione.emilia-romagna.it