Introduzione
Torna a Bologna dopo molti anni, nel palazzo che fu la dimora di Papa Gregorio XIII, l'artista Mimmo Paladino e lo fa presentando una ventina di opere, tra dipinti e sculture di grandi dimensioni, in alcuni casi provenienti dalla sua personale collezione, come la monumentale installazione di tredici cavalli neri che invadono la Sala delle Udienze Papali del Palazzo. Un richiamo alla celebre Montagna di sale che realizzò nel 1990 a Gibellina in occasione di uno spettacolo delle Orestiadi, e ricostruì nel 1995, in Piazza del Plebiscito a Napoli e poi, nel 2011 in Piazza Duomo a Milano. Nella cinquecentesca e sontuosa Sala delle udienza papali, i cavalli - soggetti amatissimi dall'artista - combattono per liberarsi ed emergere da un misterioso imprigionamento: “Non vedete il nero dei cavalli come un aspetto negativo – spiega Mimmo Paladino - ma bensì il nero è energia e poi chi meglio di un cavallo imbizzarrito può uscire da questa grande nebbia buia.”
Prima di accedere alla Sala incontriamo, all'ingresso della Loggia coperta, due alte e ieratiche figure di Guerrieri e, accanto, l'installazione di sette personaggi-ideogrammi che nascondono la parola "Respiro", un'opera che l'artista ha realizzato nel 1995. In fondo un grande Elmo di bronzo del 1998 con in rilievo segni arcani - numeri, labirinti, lettere di un idioma sconosciuto.
nelle successive sale interne troviamo altri suoi dipinti, tra cui la serie di sei Madonne Nere: più che immagini votive religiose, icone popolari come quelle poste, nei secoli, nelle edicole, sulle strade a protezione degli uomini.
La mostra, a cura di Silvia Evangelisti, è visitabile da martedì a domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 18.30. Lunedì chiuso. Fino al 7 aprile 2024.
Il catalogo è edito da Pendragon.
Tutte le informazioni: Sito web Palazzo Boncompagni
“La mia cultura visiva nasce da un’idea di stratificazione, con immagini figurative e non figurative, talvolta anche decorative e minime. È il paesaggio fisico e mentale del sud d’Italia, pieno di frammenti più che di immagini definite. Una storia frantumata e ricostruita, una storia di passaggi e di tracce dove un frammento di testa romana si incastra con un blocco di epoca precedente. Poi vengono i longobardi che aggiungono altro ancora e allora tutto diventa un collage di elementi astratti e figurativi, oppure irriconoscibilmente figurativi. Il mio punto di riferimento non cosciente lo ritrovo proprio nella cultura del meridione, in quelle architetture ed in quelle opere fatte di segni necessari e, tuttavia, anonimi. In quella regione quando si innalzava un muro lo si faceva con ruderi di altre epoche e con frammenti dissotterrati. È da qui che nasce il segno dell’uomo trasposto in un’opera funzionale alla spiritualità”.
"Nelle sue opere Paladino non intende raccontare storie di miti, come dichiara egli stesso, ma piuttosto aprire immateriali finestre su un mondo altro, un mondo di immagini e riti e figure che è seppellito dentro al nostro tempo e che forse ci è appartenuto ma che ora è perduto. Di questo parlano i suoi dipinti e gli arcani e imperscrutabili personaggi delle sue sculture”.
Ultimo aggiornamento: 14-11-2024, 10:59