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Introduzione

A Bologna un nuovo capitolo dell’indagine della biennale FOTO/INDUSTRIA sul rapporto tra fotografia, industria, lavoro e tecnologia in cui opere e visitatori, oltre a occupare e condividere degli spazi, sono chiamati ad abitarli. HOME, la casa, è il tema del percorso fotografico della VII edizione della Biennale ed è declinato in dieci mostre allestite in sette sedi del centro storico di Bologna fino al 14 dicembre 2025 e l’undicesima mostra al MAST Living Working Surviving di Jeff Wall (fino all'8 marzo 2026). Ingresso libero

Jeff Wall,Weightlifter, 2015

(Jeff Wall,Weightlifter, 2015, 239 x 300,5 cm ©: Jeff Wall Courtesy: Gagosian)

Le mostre

Tutte le mostre sono aperte dal martedì alla domenica, ore 10–19

A Palazzo Bentivoglio (Via del Borgo di San Pietro, 1) il progetto Prut di Matei Bejenaru (nato in Romania nel 1963). Avviato nel 2011 e tuttora in corso, ha come soggetto i villaggi situati sulle due sponde del fiume Prut, che dal 2007 – anno dell’ingresso della Romania nell’Unione Europea – costituisce un confine naturale della nuova Europa politica. Le immagini di questi luoghi marginali ci mettono in contatto con un mondo rurale radicato nel passato ma allo stesso tempo esposto ai mutamenti del presente. Osservando la vita quotidiana lungo il fiume, che per lui è casa, l’artista racconta la grande storia: le dinamiche politiche degli ultimi cinquant’anni, i cicli economici, i cambiamenti ecologici.

Matei Bejenaru, Vânători, 2011

(Matei Bejenaru, Vânători, 2011)

Negli spazi di Alchemilla / Palazzo Vizzani (Via Santo Stefano, 43) troviamo A Small Guide to Homeownership di Alejandro Cartagena (Messico, 1977), frutto di una ricerca durata tredici anni sul fenomeno della suburbanizzazione che negli ultimi vent’anni ha trasformato radicalmente la città messicana di Monterrey. In quattro sezioni tematiche dedicate ai nuovi quartieri, ai loro abitanti, alle ripercussioni ambientali e al sistema dei trasporti, l’artista propone un percorso paradossale che, fingendo di guidare all’acquisto di una casa, mette in discussione la retorica della proprietà immobiliare come garanzia di benessere e stabilità e ne smaschera le contraddizioni: un paesaggio frammentato, con quartieri periferici lontani, isolati e in conflitto con l’ambiente circostante, una crescita urbana fondata più sul profitto che sul benessere collettivo.

Alejandro Cartagena, Fragmented Cities, Escobedo, 2005-2010

(Alejandro Cartagena, Fragmented Cities, Escobedo, 2005-2010)

Nel Sottospazio -Palazzo Bentivoglio Lab (Via Mascarella, 2) c'è Looking for Palestine di Forensic Architecture (collettivo, Gran Bretagna) un centro studi nato all’interno della Goldsmiths University di Londra, che utilizza strumenti architettonici e tecnologici per investigare violazioni dei diritti umani e crimini di stato. Il termine “archiettura forense” si riferisce alla produzione di evidenze spaziali in contesti legali, politici e culturali, e all’utilizzo dell’architettura come dispositivo per indagare su conflitti armati e distruzione ambientale. Oggi, il gruppo fornisce prove cruciali per i tribunali internazionali e lavora con una vasta gamma di gruppi di attivisti, ONG, Amnesty International e l’ONU. Nel progetto presentato a Foto/Industria ricostruisce la distruzione di alcuni villaggi palestinesi dal 1948 attraverso documentari, mappe, foto d’epoca, modelli virtuali e infografiche.

Forensic Architecture’s 3D reconstruction of Tur al-Zagh cave, as described by witness and survivor Abu Bassam. Tur al-Zagh was the site of one of the major massacres carried out by Israeli forces in the Palestinian village of al-Dawayima on 29 October 1948. From The Massacre at Tur al-Zagh: al-Dawayima, 29 October 1948. Year: 2025 ©: Forensic Architecture

(Forensic Architecture’s 3D reconstruction of Tur al-Zagh cave, as described by witness and survivor Abu Bassam. Tur al-Zagh was the site of one of the major massacres carried out by Israeli forces in the Palestinian village of al-Dawayima on 29 October 1948. From The Massacre at Tur al-Zagh: al-Dawayima, 29 October 1948. Year: 2025 ©: Forensic Architecture)

Alla Fondazione Collegio Venturoli (Via Centotrecento, 4) ben tre mostre:

My Dream House is not a House di Julia Gaisbacher (Austria, 1983) è dedicato al complesso residenziale Gerlitzgründe di Graz, uno dei primi esperimenti di edilizia sociale partecipata in Austria, realizzato dall’architetto Eilfried Huth negli anni Settanta. In quel contesto pionieristico, Huth introdusse un metodo radicale secondo cui il processo di progettazione architettonica doveva svolgersi fianco a fianco con i futuri residenti, innescando un rapporto di collaborazione basato sull’uguaglianza e sull’ascolto reciproco e diventando un laboratorio non solo di nuove architetture, ma anche di comunità. Attraverso una serie fotografica, un film documentario, una selezione di immagini d’epoca fornite dagli stessi abitanti e un modello architettonico originale, questa mostra compone un mosaico complesso che restituisce la dimensione stratificata del progetto originario.

Julia Gaisbacher, My Dreamhouse is not a House, 2019

(Julia Gaisbacher, My Dreamhouse is not a House, 2019)

La serie Popihuise di Vuyo Mabheka (Sudafrica, 1999), si colloca in uno spazio intermedio tra documento e finzione, passato e presente, autobiografia e narrazione collettiva. Il titolo rimanda a un gioco diffuso nelle township sudafricane, ‘popihuis’, versione a buon mercato della casa delle bambole in cui i bambini riproducono ambienti domestici con materiali di fortuna, dando vita a microcosmi alternativi. In questo lavoro il tema della casa non appare solo nel suo significato materiale, ma come costruzione affettiva e simbolica. L’artista reinventa i suoi primi anni di vita: ritaglia le proprie foto d’infanzia, elimina il contesto e le integra in scenari colorati e suggestivi.

Vuyo Mabheka, Umsila, Anno: 2021

(Vuyo Mabheka, Umsila, Anno: 2021)

Södrakull Frösakull di Mikael Olsson (Svezia, 1969) è un’indagine svolta tra il 2000 e il 2006 su due case emblematiche dell’architetto e designer modernista Bruno Mathsson, costruite rispettivamente negli anni Cinquanta e Sessanta a Värnamo, nella Svezia meridionale. I due edifici sono non soltanto abitazioni, ma dichiarazioni programmatiche, esperimenti radicali sul rapporto tra individuo e ambiente, tra spazio domestico e paesaggio naturale. Il lavoro di Olsson non aderisce ai codici della fotografia di architettura – basata sulla chiarezza, sulla neutralità dello sguardo, sull’accurata riproduzione delle forme – bensì trasforma i soggetti in presenze vitali, enigmatiche, perturbanti. Delle due case non emerge soltanto la perfezione geometrica, la purezza del disegno, ma anche la fragilità, il modo in cui accolgono e mostrano il passare del tempo, si deteriorano, custodendo stratificazioni e memorie.

Mikael Olsson, FK11.2002, ©: Mikael Olsson

(Mikael Olsson, FK11.2002, ©: Mikael Olsson)

Al MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna troviamo Quarta casa, la prima retrospettiva dedicata a Moira Ricci (Italia, 1977), con un’ampia selezione di lavori realizzati nell’arco di circa venticinque anni. La mostra mette in luce la coerenza e la profondità della sua ricerca attraverso il filtro di un tema ricorrente e fondamentale: la casa, che costituisce la cornice entro cui si attivano una serie di relazioni, un grande contenitore di memorie e il fulcro di un territorio, la Maremma, dove si intrecciano sfera privata e vita collettiva. Pioniera in Italia nell’impiego di materiali d’archivio e nella ricontestualizzazione della fotografia familiare, Ricci ha condotto un lavoro sistematico di analisi e revisione delle funzioni sociali di questo mezzo. La sua opera si configura come una riflessione critica su vasti argomenti come l’identità, la cultura popolare, la memoria individuale e collettiva e le strategie per la loro conservazione e rappresentazione. La mostra continua fino al 11.01.2026.

Moira Ricci, 20.12.53 - 10.08.04 (Patrizia, Mamma, Paola e Gigio). Anno: 2004

(Moira Ricci, 20.12.53 - 10.08.04 (Patrizia, Mamma, Paola e Gigio). Anno: 2004)

Alla Pinacoteca Nazionale di Bologna c'è Some Homes di Ursula Schulz-Dornburg (Germania, 1938), che presenta sei serie realizzate tra gli anni Sessanta e i primi anni Duemila in Olanda, Georgia, Russia, Turchia, Iraq e Indonesia, nelle quali l’artista documenta abitazioni costruite con materiali naturali destinate a dissolversi nel corso di pochi anni, così come installazioni pensate per resistere nei secoli unendo lo stile documentario a influenze concettuali e istanze sociali. Alcune di queste strutture sono frutto di una progettualità architettonica definita, altre di tradizioni millenarie radicate in un contesto ambientale specifico, altre ancora di un impulso spontaneo e infantile. Eppure, ciò che le accomuna è la loro capacità di rispondere allo stesso tempo sia a delle necessità pratiche (proteggersi, riposarsi, conservare i propri beni...), sia a ragioni culturali (autorappresentarsi, comprovare l’appartenenza a un gruppo, comunicare il proprio status sociale...), sempre nei limiti del rapporto con le risorse e le condizioni del territorio circostante.

Ursula Schulz-Dornburg, Bosporus, 1978, Istanbul

(Ursula Schulz-Dornburg, Bosporus, 1978, Istanbul)

La Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna (via delle Donzelle, 2) ospita Microcosmo Sinigo di Sisto Sisti (Italia, 1906-1981). Il progetto ritrae lo stabilimento chimico e il villaggio aziendale della Montecatini a Sinigo (Merano), costruiti nel 1924-1928. L’autore, operaio e fotografo autodidatta di origini emiliane emigrato in Alto Adige, racconta non solo il lavoro, ma anche la vita delle famiglie residenti tra il 1935 e il 1950. Sono numerosissimi momenti privati e vedute del borgo, concepito quasi come una dimora collettiva. Un microcosmo, appunto, con spazi comuni, orti condivisi, bar, cinema, spaccio, scuola e ambulatorio medico. In mostra, oltre seicento immagini, selezionate tra le oltre tredicimila conservate nella Fototeca archivio provinciale di Bolzano, sono proiettate in cinque postazioni tematiche. Una sala ospita l’approfondimento sull’autore, affidato a una intervista filmata alle figlie, a materiali originali e riproduzioni stampate

Festeggiamenti della Befana Fascista (Sinigo, stabilimento Montecatini), 1941, ©: Fototeca dell’Archivio provinciale di Bolzano / Sisto Sisti

(Festeggiamenti della Befana Fascista (Sinigo, stabilimento Montecatini), 1941, ©: Fototeca dell’Archivio provinciale di Bolzano / Sisto Sisti)

Nello Spazio Carbonesi (Via De’ Carbonesi, 11) Kelly O’Brien (Gran Bretagna, 1985) esplora il lavoro domestico intrecciando storie della sua famiglia alle questioni di classe, genere e occupazione e reclamando la visibilità delle donne lavoratrici e delle loro lotte. Nelle sue opere la narrazione oscilla tra le tensioni dei carichi domestici, zona d’ombra in cui persistono le disparità di genere, e il paradosso della casa come santuario. No Rest for the Wicked celebra infatti la casa per rivelare il lavoro invisibile che vi sta dietro. Il progetto mette in luce l’esperienza delle donne il cui lavoro, sia dentro che fuori casa, spesso non viene riconosciuto.

Kelly O’Brien, Self Portrait in Nanas Bathroom, Anno: 2010

(Kelly O’Brien, Self Portrait in Nanas Bathroom, Anno: 2010)

Jeff Wall al MAST

Fondazione MAST (Via Speranza, 42) presenta Living, Working, Surviving del fotografo canadese Jeff Wall (Vancouver, 1946). Fino all'8 marzo 2026.
A cura di Urs Stahel, la mostra espone una selezione di opere che ripercorrono lo straordinario itinerario artistico di uno dei più rilevanti interpreti del nostro tempo. Il percorso espositivo propone ventotto opere di Wall, tra lightbox e stampe a colori e bianco e nero di grande formato realizzate dal 1980 al 2021 e provenienti da collezioni private e musei internazionali. Sono immagini dedicate alla vita di tutti i giorni, ai semplici gesti di chi lavora, si muove, svolge compiti e attività quotidiane, apparenti istantanee rubate alla vita dei soggetti, in realtà scene enigmatiche e complesse che mostrano eventi mai accaduti, composizioni indefinite e volutamente ambigue in cui l’osservatore è invitato a immergersi, interrogarsi, trovare significati.

eff Wall, Man in the street (diptych), 1995, Courtesy: Collection Musée d'art contemporain de la Haute-Vienne - Château de Rochechouart

(Jeff Wall, Man in the street (diptych), 1995, Courtesy: Collection Musée d'art contemporain de la Haute-Vienne - Château de Rochechouart)

Jeff Wall, Overpass, 2001, Courtesy: Private Collection Gagosian

(Jeff Wall, Overpass, 2001, Courtesy: Private Collection Gagosian)

Jeff Wall, Volunteer, 1996, Courtesy: Glenstone Museum

(Jeff Wall, Volunteer, 1996, Courtesy: Glenstone Museum)

Informazioni

Il tema della casa è oggetto di un ampio programma di talk, proiezioni, presentazioni e workshop per il pubblico, oltre che di una serie di attività educative rivolte alle scuole e alle famiglie al MAST e nelle sedi del centro storico, a ingresso gratuito su prenotazione.
Il programma su: mast.org

Ultimo aggiornamento: 20-11-2025, 12:24