Introduzione
La mostra intende celebrare i 70 anni dalla nascita di Pier Vittorio Tondelli e i quaranta dalla pubblicazione di «Rimini», uno dei suoi capolavori letterari insieme alla raccolta di racconti che ne rivelò il genio e che dà il titolo alla mostra.
L'esposizione è curata da Gian Ruggero Manzoni con Rodolfo Gasparelli e Massimiliano Fabbri, in collaborazione con Gasparelli Arte Contemporanea
(opera di Claudio Montini)
Gli "Altri Libertini" in mostra
Gli«Irregolari» radunati dal curatore Gian Ruggero Manzoni per questa mostra collettiva sono «Solitari, sconfitti, distaccati, ribelli», anche perché «l’atmosfera del romanzo “Rimini”, che Tondelli pubblicò su Bompiani nel 1985, è cupa - spiega lo stesso Manzoni -. L’ha sottolineato lui stesso in più interviste, mentre il pubblico lo leggeva come libro da spiaggia, testo d’evasione, azzeccata trovata postmoderna. In realtà era ‘il dissesto’ a dominare in quell’opera narrativa; la costa adriatica non era vissuta come un ‘divertificio’, ma come punto massimo della presa di coscienza di una condizione che rimanda più al tono provocatorio delle una fanzine satiriche degli anni ’70 che non ai canoni ‘eccezionali’ degli anni ’80. Un inno agli sconfitti e non certo il canto trionfale dei borghesi vincitori. Appena usciti dagli “anni di piombo”, l’edonismo di superficie avanzò, vanificando ogni precedente gesto di ribellione. Bologna fu uno dei centri nevralgici di quel trapasso storico, la Bologna di Tondelli, di Pazienza, di Freak Antoni, ma anche di Lindo Ferretti, di ‘Bifo’, dell’Alinovi e di infiniti altri che molto hanno dato alla nostra cultura. Altrettanto “irregolari” furono artisti come i riminesi Gio Urbinati e Vittorio D’Augusta, il cotignolese Claudio Montini, il lughese Piero Dosi e il faentino Danilo Melandri, che continuarono a opporsi a ciò che reputavano un sistema sbagliato, un mondo in cui l’uomo comune veniva messo al muro e obbligato a consumare e a imbellettarsi di ipocrisia».
La mostra, a ingresso gratuito, è visitabile fino al 30 marzo, il giovedì e venerdì dalle 15.30 alle 18.30, il sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 18.30.
L’esposizione fa parte del progetto Matrice, che collega nello spazio e nel tempo musei e altri luoghi storici della città di Lugo con arte, sguardi e movimenti contemporanei.
(opera di Piero Dosi)
Gli artisti
Gio Urbinati (Rimini 1946 - Rimini 2023) scultore e ceramista, caro al poeta Tonino Guerra, lo si andava a trovare nella sua bottega in Via Alda Costa numero 4 in cui regnava una sorta di «disordine organizzato». L’arte di Urbinati è decorativa, poetica, ispirata dalla natura, dagli animali, dagli insetti. Opere come piccoli teatri e case stilizzate, ammucchiate come un persistente presepio. Il suo calarsi nell’avventura della materia con una complicità quasi genetica, erotica e dirompente, ha radici lontane, tra istintiva capacità ed ebbrezza nello scoprirsi abile con la creta.
Vittorio D’Augusta (Fiume, 1937) giunto a Rimini quasi nell’immediato dopoguerra, era già noto negli anni ’70 per la sua cosiddetta arte «povera», ambientale, attenta ai valori fondamentali della pittura. L’atteggiamento di D’Augusta verso il dipingere è sempre allusivo, organico, informale. In D’Augusta l’astrazione purifica e diviene un assoluto, come un’energia vitale.
Claudio Montini (Bagnacavallo, 1956 - Faenza, 2021) è stato un genio del pennello. Da un impianto romantico-illustrativo ha raggiunto livelli pittorici raffinatissimi ma ha esposto pochissimo, soprattutto in area romagnola. Franco Pozzi scrive di lui che il suo unicom riferimento certo «fu il ‘nume’ William Turner. I suoi dipinti sembrano imbevuti nella medesima atmosfera costruita con la pennellata franta del grande innovatore inglese che, eccentrico e provocatore, pare si facesse legare al pennone di una nave durante una tempesta, per potere poi trasferire quella visione sulla tela». Per Montini la componente romantica risultava quale giudizio nei confronti di una società, non certo voce della stessa.
Piero Dosi (Lugo, 1946 - Lugo, 2016) è stato un altro virtuosista del pennello. «Per la violenza espressiva del suo segno pittorico, in particolare nelle opere su carta - ha scritto di lui Claudio Musso -, Dosi appare come compagno di viaggio degli autori tedeschi e austriaci della sua generazione, come i Neuen Wilden (i Nuovi Selvaggi), pur mantenendo una forte identità nel suo cammino individuale e solitario» Dosi fu pittore e uomo di somma levatura, per sensibilità, educazione, amorosità. Per lui, alla pari di Cézanne, dipingere l’essere umano o la natura non indicava il cogliere un soggetto, ma il concretizzarsi di sensazioni».
Danilo Melandri (Fognano di Brighella, 1948 - Faenza, 2018) iscrittosi all’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza fece l’isolata scelta di scegliere come riferimento Gianna Boschi, pittrice e ceramista dagli interessi apparentemente passatisti e antimoderni. Iniziò a produrre piccoli oggetti in maiolica policroma sui quali interveniva con frasi e annotazioni in calligrafia minutissima. Il tutto, sempre più, risultò maniacale, ossessivo, nonché una profonda opera di introspezione in cui temi cari a lui bambino si mischiavano con i persistenti turbamenti dovuti al trovarsi immerso in una modernità e postmodernità in cui un macchinismo pesante, distruttivo e portatore di morte, incombeva sull’essere umano.
(opera di Vittorio D'Augusta)
(opera di Danilo Melandri)
(opera di Gio Urbinati)
Ultimo aggiornamento: 10-03-2025, 13:12