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Introduzione

Si apre venerdì 11 aprile al Museo San Domenico la grande mostra retrospettiva che Imola Musei dedica a Germano Sartelli in occasione del centenario della nascita. La mostra “Germano Sartelli. L’incanto della materia”, curata dal critico Claudio Spadoni, ne riassume l'intero percorso creativo con più di settanta opere, dai precocissimi collages della seconda metà degli anni Cinquanta alle grandi sculture in corten e alle carte lavorate della sua ultima stagione.

Germano Sartelli

Il "caso" Sartelli

Nell’arte del Novecento la vicenda di Germano Sartelli rappresenta certamente un 'caso', come sottolineava Andrea Emiliani, lo studioso che con Maurizio Calvesi gli dedicato le prime e autorevolissime pagine critiche. Un caso per il suo lavoro inconfondibile, come del resto inconfondibile è stato il suo stile di vita, il cui “temperamento traspare dalla pelle, conteso tra una singolare grazia naturale e una capacità di sperimentazione che può toccare il geniale”.
Sartelli ha attraversato dagli anni Cinquanta le diverse stagioni culturali di oltre mezzo secolo, da appartato, “sempre all'erta e sempre in ritiro”, mai direttamente partecipe di gruppi e tendenze, lontano dai riflettori dei grandi centri, dedito piuttosto a una solitaria pratica quotidiana di oculati prelievi e rielaborazioni delle materie più diverse, di cose usurate dal tempo, di brani di natura come di reperti tecnologici.

Ragnatela 1979  - foto Orselli)

(Ragnatela 1979 - foto Orselli)

Paesaggio di terra 1982 - foto Orselli

(Paesaggio di terra 1982 - foto Orselli)

La mostra

In mostra è possibile ripercorrere il vasto repertorio di materiali “insoliti” utilizzati dall'artista: collages di foglie, frammenti di carta, stracci e ragnatele, cicche di sigaretta, paglie, oggetti fissati nella trasparenza del cellophane, del plexiglass o della vetroresina, ciocchi di legno, “alfabeti” di vimini o fili di ferro, “paesaggi di terre o di polvere”, lamiere lavorate. Un campionario così eterogeneo da giustificare il riferimento fatto in passato ad alcune figure di valore internazionale come Burri e Dubuffet, ma con la precisazione che Sartelli aveva un modo tutto suo di “sentire” ed elaborare i materiali rispetto ai due grandi protagonisti europei. Non a caso Sartelli ha conseguito alcuni riconoscimenti importanti, come il Premio per la scultura dal Ministero della pubblica istruzione nel 1962, oltre che l’invito a partecipare, nel 1964, alla XXXII Biennale di Venezia.

Capace di offrire insospettati incanti di frammenti di natura, di suggestione quasi pascoliana, Sartelli ha focalizzato la sua attenzione su oggetti comuni, dismessi, residui d'ogni genere, ricomposti con impeccabile misura formale nelle sue originalissime sculture oltre che nelle sue impegnative installazioni scultoree in luoghi pubblici, capaci di dialogare magistralmente con l’ambiente circostante e con il tessuto urbano. Sartelli però non è stato solo un grande scultore, ma un uomo straordinario che ha creduto nell’arte come strumento di libertà ed espressione, portandola dagli anni Cinquanta anche all’interno dell’Ospedale Psichiatrico Lolli, con un progetto di arteterapia all’avanguardia a livello nazionale.

Scultura, 1963

(Scultura, 1963)

Paglia e carta bruciata, 1973

(Paglia e carta bruciata, 1973)

I commenti

«Con questa mostra – ha dichiarato l’Assessore alla Cultura di Imola Giacomo Gambi – intendiamo rendere omaggio a un artista che ha lasciato un segno profondo nella nostra città. L’arte di Sartelli ha sempre dialogato con lo spazio e con la comunità, impreziosendo il nostro paesaggio e traendone ispirazione. Siamo molto grati con tutti coloro che ci hanno supportato alla realizzazione di questo progetto, in particolar modo con la famiglia, che recentemente ha reso il “Casetto” di Codrignano, che dagli anni '70 Germano elesse quale eremo e fucina dove creare le sue opere, una “Casa degli illustri” riconosciuta dalla Regione Emilia-Romagna, il che permetterà molte visite e collaborazioni».

«Artisticamente parlando – aggiunge il direttore di Imola Musei Diego Galizzi – la figura di Sartelli rappresenta per questo territorio una vera e propria gemma, isolata e preziosa, un poeta della materia capace di scandagliarne la natura pulsante e di restituirne le occulte geografie in forma d’arte. È stato un ineguagliabile cacciatore di materiali trascurati, periferici al nostro occhio, che tuttavia grazie alla sua mente sensibile e alle le sue dita sapienti hanno rivelato inaudite potenzialità espressive».

Foglie, 1959

(Foglie, 1959)

Cartine di sigarette, 1959 - foto Orselli

(Cartine di sigarette, 1959 - foto Orselli)

Informazioni

Germano Sartelli. L’incanto della materia
A cura di Claudio Spadoni
11.04.2025 – 13.07.2025
Museo San Domenico
Via Sacchi, 4, 40026 Imola (BO)
Orari di apertura
venerdì 15-19; sabato e domenica 10-13, 15-19
Aperto con orario festivo (10-13, 15-19) a Pasqua, Pasquetta, 25 aprile e 1 maggio.

Biglietti
Intero 4 euro, ridotto 3 euro (il biglietto comprende l’accesso alle collezioni del Museo San Domenico)
Gratuito: fino a 14 anni; scolaresche

Per informazioni
Imola Musei
+39 0542 602609
musei@comune.imola.bo.it
www.imolamusei.it

Sartelli alla Rocca di Imola - foto Olimpia

(Sartelli alla Rocca di Imola - foto Olimpia)

La biografia

Germano Sartelli, nato a Imola il 31 gennaio del 1925, visse l’infanzia e la prima giovinezza a Casalfiumanese, tra le dolci colline romagnole, dove probabilmente la natura lasciò una forte impronta sulla sua sensibilità di bambino. All'età di 13 anni, nel 1938, cominciò a frequentare come apprendista il laboratorio di ebanisteria dell’intagliatore imolese Gioacchino Meluzzi, suo insegnante all'Istituto degli artigianelli di Santa Caterina di Imola. La famiglia si trasferì a Imola nel primo dopoguerra e in questa cittadina, dando forma ad una vocazione precoce, presero avvio le sue prime sperimentazioni artistiche come autodidatta. Un episodio fondamentale del suo percorso personale e di lavoro fu quello dell’atelier artistico dell’ospedale psichiatrico “Luigi Lolli” di Imola, dove lavorò in collaborazione con lo psichiatra Gastone Maccagnani, dal 1952 fino al 1980. Quest’attività a cui si era dedicato con passione, trovò una manifestazione pubblica nel 1954 con una mostra presso la fondazione Besso di Roma, dedicata alle opere dei degenti dell’ospedale psichiatrico romagnolo: venne rivelato al pubblico e non solo agli specialisti, la vivacità e la ricchezza di una delle prime esperienze in Italia legate all’antipsichiatria.  La sua prima mostra personale si tenne nel 1958 presso il Circolo della Cultura di Bologna organizzata da Dino Gavina con la presentazione di Maurizio Calvesi. Quest’ultimo, assieme ad Andrea Emiliani, sarà uno dei critici che apprezzerà e seguirà la sua attività artistica in tutto il suo percorso. Gli anni ’50 furono densi di attività e di opere anche di grandi dimensioni che venivano create in un atelier d’eccezione, la Rocca Sforzesca di Imola, che da pochi anni aveva abbandonato la sua funzione di carcere; in questo studio-officina sono nate le sue sculture in ferro, stracci, lamina di metallo, lattine schiacciate. Del 1962 è il conferimento del premio per la scultura del Ministero della Pubblica Istruzione e nel 1964 venne invitato alla XXXII Biennale di Venezia. La sua partecipazione al prestigioso evento veneziano fu fortemente voluta da Calvesi, Afro Basaldella, Lucio Fontana e Cesare Gnudi. Seguirono le mostre e i premi nazionali ed internazionali. Dal 1970 Sartelli trovò nella sua casa atelier di Codrignano, nella valle del Santerno, un luogo perfetto dove la fusione tra la sua arte e la natura si fece profonda e inesauribile. Il “Casetto”, come Sartelli chiamava il suo atelier, divenne luogo abitato da installazioni che, uscite dalle mura della casa-studio, trovarono la giusta valorizzazione nello spazio naturale circostante. Sartelli morì a Imola nel 2014 e dieci anni dopo l’amata casa studio a Codrignano è diventata parte della rete delle “Case e studi delle persone illustri” della regione Emilia-Romagna ed è sede del fondo archivistico Sartelli.

Ultimo aggiornamento: 18-04-2025, 10:03