venerdì,  22 marzo 2024

Bruno Munari. Tutto

Alla Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo (Parma) una mostra racconta settant'anni di idee e lavori del "Leonardo e Peter Pan del design italiano". Fino al 30 giugno 2024

Già il titolo della mostra, lo ammette il curatore Marco Meneguzzo, è provocatorio. Come è possibile riassumere l'universo immaginifico di Bruno Munari, che per oltre settant'anni, a partire dai primi Trenta del Novecento, ha saputo miscelare  creatività e fantasia, immaginazione e invenzione, il tutto operando tra arte, design, editoria e didattica. Chi ha avuto la fortuna di conoscere "Il Leonardo e il Peter Pan del design italiano", così lo definiva il critico Pierre Restany, ricorda il suo essere negli anni sempre identico a se stesso, dotato di un'intelligenza fulminea (così Umberto Eco) e vestito in maniera anonima "per cui, vedendolo in tram o in taxi, non avresti saputo dire quale lavoro facesse". 
Arrivato a Milano diciannovenne, conosce Marinetti e il gruppo futurista milanese. Resta affascinato dal lavoro di Prampolini, che già dal 1915 aveva cominciato a teorizzare e praticare l'arte "polimaterica". Lo affascina il dinamismo dell'arte futurista. Munari in quel periodo vuole sperimentare tutto e tutto lo ispira: il surrealismo, il dadaismo, il costruttivismo, l'astrattismo.  A partire dal 1934 l'editore Bompiani gli affida l'impaginazione dell'Almanacco Letterario, una collaborazione che durerà fino agli anni Settanta. Munari ama in particolare il fotomontaggio, e applica le tecniche futuriste alla carta stampata. "Ogni sua azione - scrive Silvana Sparati nel catalogo che accompagna la mostra - era accompagnata da un fare curioso, volto a saperne di più e spesso arricchito da una buona dose di ironia. Ciò contribuiva a creare intorno all'artista un clima eccitato ed empatico, dove la noia non albergava mai". 
Il suo lavoro partiva dal disegno, alla base di ogni idea e composizione, il suo motto, titolo anche di un suo celebre libro, era "Da cosa nasce cosa". Nella sua casa studio di Via Colonna a Milano insegnava a guardare le cose in modo diverso: "Non si potrebbe fare diversamente? - ricorda Ermanno Cristini, che ebbe un forte sodalizio artistico con Munari - era un un intercalare ricorrente nei discorsi di Bruno. Un interrogativo che costituiva un'indicazione di metodo, un'attitudine a rivolgersi alle cose quasi ingenuo, come se ogni volta il già noto apparisse come ignoto (...) una ginnastica del pensiero (...)".
Cercare nuovi punti di vista, sempre. Ecco che da un cespo di lattuga nasce una rosa, la rosa nell'insalata, basta immergerne la parte finale nell'inchiostro e stamparla su un foglio di carta. Il suo metodo ci insegna ad andare oltre le convenzioni e le categorie con ironia. Pensiamo alle "xerocopie originali": se la macchina fotocopiatrice  è nata per fare "copie", Munari la usa per ottenere "opere uniche", basta muovere il foglio mentre passa il fascio di luce. E, ancora: un libro che non si può leggere resta un libro? La risposta è sì, un libro è tale se ne si rispetta la forma. Inventa "sculture da viaggio", "macchine inutili", "forchette gesticolanti". Gioca con l'aria: in mostra le immagini della sua performance che ti fa percepire l'aria grazie a pezzetti di carta gettati dall'alto. Tra i suoi tanti progetti pedagogici ricordiamo il primo giocattolo che può essere definito di design, il Gatto Meo, realizzato nel 1949  in gommapiuma, materiale da poco in produzione, che permette al bambino di avere "la stessa sensazione che si prova a tener in braccio un gattino" . Si pensi che anche Picasso ne teneva uno in bella vista nel suo studio!  Dopo il gatto la scimmietta Zizi, ancora in produzione, che gli vale il prestigioso premio "Compasso d'Oro" nel 1954. il massimo riconoscimento allora come oggi nel campo del design. E chiudiamo con altri due esempi: il primo è la "Sedia per visite brevissime Singer", progettata nel 1945. E' un oggetto di lusso inutilizzabile, con la seduta inclinata di 45 gradi verso il basso. E' scomodissima, sembra uno scivolo per bambini, allusione ironica a quel tipo di design che sacrifica la funzionalità (una sedia deve essere comoda) all'estetica ultramoderna. Il secondo sono gli "oli su tela" presentati alla Biennale di Venezia del 1980: vera arte concettuale, sono tele su cui è rovesciato olio di lino, di canapa, etc. E basta.
Non resta allora che visitare la mostra, da non perdere nelle sale della Villa dei Villa dei Capolavori, sede della Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo presso Parma, a pochi passi dalle sale che ospitano opere capitali di Tiziano, Dürer, Van Dyck, Goya, Canova, Renoir, Monet, Cézanne, de Chirico, Morandi, Burri e molti altri, dal 16 marzo al 30 giugno 2024. 

Per tutte le informazioni:
aperto dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Aperto anche 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno. Lunedì chiuso, aperto Lunedì di Pasqua.
https://www.magnanirocca.it/

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ultima modifica 2024-04-12T14:12:56+02:00
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