venerdì,  12 novembre 2021

L’albero nell’arte contemporanea /3: Le Neoavanguardie e il Postmoderno (1960-2000)

Terzo capitolo del viaggio in quattro puntate della storica dell'arte Claudia Collina. In occasione della prossima Festa dell'Albero (21 novembre)

La ferita creata dalla Seconda Guerra Mondiale segnava uno spartiacque nel Novecento, non solo storico, finanziario, militare e geografico ma anche culturale che, a livello artistico, si esprimeva con una maggiore valenza espressionista drammatica, esistenziale e dolente. Ma sono anche gli anni del boom economico, del consumismo di beni di massa, di una civiltà svuotata di valori, per cui si assiste a una divaricazione ideologica di cui l’arte si fa interprete: da un lato la Pop Art e dall’altro l’Arte Povera che, in concomitanza dell’Arte Concettuale, intende opporsi alla civiltà dei consumi ed essere in sintonia con la natura e le sue forze energetiche. Esponenti di spicco delle Neo avanguardie, Lucio Fontana per il concettuale Spazialismo e Andy Wharol re della Pop Art, mantenevano un atteggiamento delicatamente poetico e quasi infantile nelle loro rare rappresentazioni del tema arboreo: la delicata acquatinta del 1966 di Fontana tratta dalla suite L’albero poeta è un piccolo capolavoro di armonia e leggerezza formale e spaziale, qualità estendibili anche ai piccoli Christmas Tree, i biglietti natalizi e augurali di Andy Wharol.

Nell’Arte Concettuale, nata a metà degli anni Sessanta del Novecento e costituita da varie tendenze internazionali rivolte all’investigazione delle esperienze mentali e al superamento dei limiti delle tecniche tradizionali di pittura e scultura per un rapporto più stretto tra l’opera d’arte e l’ambiente definito installazione, sono usati materiali direttamente prelevati dalla realtà e dalla natura come, per esempio, fa in Europa, il precursore di una di queste tendenze la Process Art, Joseph Beuys nell’opera Schneefall (Nevicata), 1965, (Basilea Emanuel Hoffmann Foundation) in cui i rami simboleggiano gli alberi spogli e i panni la coltre di neve. La maggior parte dell’opera di Beuys è volta alla sollecitazione della coscienza critica dello spettatore verso l’ambiente e l’ecologia: si pensi nel 1982, invitato alla settima edizione di documenta a Kassel, egli realizzava l’opera concettuale 7000 querce. Si tratta di triangolo posto davanti al Museo Federiciano composto da 7000 pietre di basalto, ognuna delle quali è adottabile da un potenziale acquirente. Nel corso degli anni, il ricavato della vendita di ogni pietra è stato speso per piantare le querce, ma prima che le 7000 piante diventino il grande bosco immaginato da Beuys passeranno circa trecento anni. Oltrepassando i limiti temporali della sua stessa esistenza, Beuys ha trasformato l'azione di piantare alberi in un grande rito collettivo capace di evocare i significati più profondi del rapporto fra l'uomo e la natura.

Altra tendenza concettuale, strettamente connessa anche alla Land Art, è l’Arte povera che ha avuto esponenti italiani di grande rilievo come Mario Mertz e Giuseppe Penone. Nelle loro opere ricorre l’uso di materiali grezzi di vario tipo estratti dalla natura e presenti nella quotidianità della società, installati con palese evidenza di significati come l’Igloo con albero di Mertz (1969, Rivoli, Castello di Rivoli, Museo d’Arte Contemporanea) che rappresenta un’ideale architettura temporanea e nomadica, un simbolo della volta celeste da cui fuoriesce l’albero che, come aveva ideato Le Corbusier nel 1924, suggerisce la compenetrazione tra architettura e mondo naturale; performance documentate fotograficamente come Alpi Marittime. Ho intrecciato tre alberi (1968 Bologna, MAMbo), o installazioni come Ho intrecciato tra loro tre alberelli di Penone (1968-1985 Venezia, Collezione Françoise Pianault) in cui l’artista dona a tre fuscelli una forma innaturale che simboleggiano lo scorrere del tempo, la nostra vita è niente se paragonata a quella della natura in continua trasformazione, per cui Penone la rincorre e si mimetizza in essa per germogliare insieme a lei affermando un’identità della reciprocità che ci porta sino alle attuali installazioni – albero dell’Arte Partecipata ove gli artisti appendono ai rami degli alberi le loro creazioni e invitano il pubblico a contribuire all'arricchimento dell'installazione. Un esempio poetico è l’Albero della Poesia, creato dal gruppo Immagine & Poesia ad Agliè (Torino) nella villa Il Meleto del poeta Guido Gozzano; invece, l’installazione choc Untitled (Senza titolo, 2004) di Maurizio Cattelan mette in scena una nuova allucinazione collettiva, che cattura e allo stesso tempo allontana le tensioni e gli orrori del nostro presente, attraverso gli occhi di tre bambini di appesi a un albero che osservano la realtà con occhi spalancati. L’installazione ha suscitato reazioni estreme e contrastanti, innescato un dibattito sull’Arte pubblica propagata attraverso la stampa, i media e i commenti lasciati sotto la scultura, sotto la vecchia quercia, ove sono comparsi poster, lettere e messaggi scritti dagli abitanti del quartiere e da passanti occasionali.

La storia della mela affonda le radici nei primi insediamenti rurali dell’uomo e dall’inizio della trasmissione del Vecchio Testamento che, nel tempo, ha addolcito e cambiato forma all’originario piccolo frutto dal gusto aspro. Considerata un frutto magico dal complesso simbolismo usato dalla religione, dalla filosofia, dalla psicologia e dalla narrativa, essa racchiude il duplice significato di bene e male. Il colore oro rappresenta la salute e l’immortalità. Carlo Mattioli dipinge spesso alberi, un soggetto a lui caro perché l’albero è l’esempio tipo della natura che l'autore ritiene possa simboleggiare la bellezza del mondo e Le mele d’oro, 1981 (Parma, Fondazione Cariparma) , presenta una visione di natura dove su un terso cielo azzurro emerge l'immagine di un rigoglioso e frondoso albero verde, sui cui rami pendono frutti dorati; si comprende che non si tratta evidentemente di un ambiente concreto, bensì lirico, una poetica suggestione del pensiero e dell'immaginazione dell'autore, che ritiene la natura metafora della bellezza del mondo e l'albero archetipo della natura tanto da riprodurlo, emblematicamente, anche nella scultura in vetro di Murano al Museo “Remo Brindisi” di Lido di Spina. E Virgilio Guidi faceva degli Alberi addirittura la metafora dell’Architettura umana, in grado di esprimere simbolicamente Contestazione, in una serie di dipinti conservati al Museo di Arte Moderna della città di Bologna (MAMbo) realizzati con poesia pittorica, lirica e delicata, ma potente forza emblematica quale dimensione dell’essere, analoga e osmotica, tra uomo e albero.

Negli anni Ottanta del Novecento gli spazi rarefatti e prevalentemente monocromatici del Post Minimalismo iniziano a riempiersi e colorarsi nuovamente, sia in Italia, sia negli Stati Uniti, con dipinti di grandi dimensioni accumunati nuovamente dall’espressione figurativa e narrativa che rivisitava il passato con consapevolezza e attingeva da esso nuova linfa per l’arte: si apriva l’epoca del Postmoderno. In America e in Europa si declinavano correnti dalle diverse sfumature intrinseche: Neoespressionismo, Nuovi Selvaggi, Transavanguardia, Anacronistici e Nuovi Nuovi. Il tema dell’identificazione tra essere umano e albero ritorna spesso tra gli archetipi dell’arte postmoderna: da Francesco Clemente, che nell’acquarello del ‘96 Fantastica la genesi dell’albero d’amore, spinta vitale ed energia che si apre al fiorire dei sentimenti, a Carlo Maria Mariani che s’ispira ai miti ovidiani delle Metamorfosi in chiave neo-neoclassica, dai tableaux vivants come elfo dei boschi di Luigi Ontani, in S. Sebastiano d'apres Guido Reni 1970, o il gioco di parole da cui, come spesso accade nei suoi lavori, nasce l’immagine  di Ontani/ontano circondato da piccoli esserini roteanti che, come refoli, fanno ondeggiare le chiome dell’albero Ontano di venti del 1992, sino ai paesaggi di Salvo con alberi stilizzati d’ispirazione giottesca e dai colori zuccherini, e alla potente installazione di Vittorio Mascalchi, Il viale dei platani, in cui il centrale Il grande olmo di via Cupa assume sembianze antropomorfe e l’iconografia del Cristo patiens che testimonia il martirio e il disfacimento della materia. Mascalchi lavorò a questa installazione di undici elementi nell’arco dell’ultimo decennio del XX secolo con uno sguardo ‘fuori dal tempo’ sui tronchi solenni e mistici che alludono alle crocefissioni subite dalla natura e traggono origine dalla profonda identificazione dell’artista ne Il mio io verde-Autoritratto nel melograno e ispirato alle Teste composte del manierista Giuseppe Arcimboldo.

Il Postmoderno e i suoi esponenti protraggono le ricerche e i linguaggi artistici sino alla fine del primo millennio e scandiscono il primo decennio del nuovo sino all’apoteosi del progetto nazionale di Achille Bonito Oliva L’albero della cuccagna. Nutrimenti dell'arte. Nella mostra diffusa in tutt’Italia tra il 2015 e il 2017, incentrata sul tema della cuccagna dell’arte come trascendenza, parafrasi dell’abbondanza e copiosità d’ogni genere materiale, alimentare e di ricchezza, descritta dai novellatori di lingua romanza d’oltralpe sin dal Medio Evo.

In Emilia Romagna, Bertozzi & Casoni esponevano al MAMbo l’installazione ceramica Dove Come Quando dedicato al tema della metamorfosi di Atteone ove su un piatto è narrata la sua trasformazione in cervo per volere di Artemide e al cui centro poggia la testa di Atteone trasformato in cervo, con il palco sostituito da rami di pesco fioriti di farfalle, quale simbolo della speranza di rinascita dalla morte; Claudio Costa presentava al Museo Magi '900 di Pieve di Cento il suo Albero della cuccagna, installazione che recupera la tradizione campestre e fissa, in cima al classico palo, oggetti contadini trasformati al posto dei salami, oppure oggetti originari di culture diverse, ai fini di una rituale "elevazione" verso altezze evolutive dello spirito. Nella mostra era presente anche l’opera di Luigi Ontani, ora visibile al MuseOntani a Vergato, L’albero della cuccagna – AlnusThaiAurea, albero con maschere in cartapesta il cui titolo deriva dal nome del primo ciclo di maschere da lui realizzato in Tailandia intorno al 2000. Ontani stesso, parafrasando Nel bosco sacro di James G. Frazer, ha spesso dichiarato che l’Alnus Aurea è per lui il Ramo d’oro d’Ontano, ove l’artista è in forma di maschera sull’albero da scalare come meta della cuccagna, nutrimento spirituale da conquistare.

(3 continua)

La prima puntata: L’albero nell’arte contemporanea /1: l'Ottocento

Le seconda puntata: L’albero nell’arte contemporanea /2: le Avanguardie (1900-1960)

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ultima modifica 2021-11-12T17:52:10+02:00
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