venerdì,  21 aprile 2023

Apre il Museo Ottocento Bologna

Una collezione permanente di 85 opere divisa per nuclei tematici, tra dipinti a olio, acquerelli, disegni e bozzetti, che documenta le principali correnti stilistiche del “secolo lungo” visto dagli artisti dell’area bolognese

Un nuovo spazio espositivo va ad arricchire l'offerta culturale della città di Bologna. E' il Museo Ottocento Bologna con sede in piazza San Michele 4/C, davanti a Corte Isolani, su Strada Maggiore, che si inserisce nel percorso cittadino dedicato all’800 e al ‘900.

L'allestimento del Museo Ottocento Bologna, costituito da 12 sezioni con una collezione permanente di 85 opere divisa per nuclei tematici, tra dipinti a olio, acquerelli, disegni e bozzetti, documenta le principali correnti stilistiche del “secolo lungo” visto dagli artisti dell’area bolognese. Inizia intorno alla metà del secolo, scandagliando gli sviluppi artistici del territorio attraverso opere di artisti bolognesi come Giovanni Paolo Bedini, Luigi Busi, Fabio Fabbi, Mario De Maria, Alfredo Protti e tanti altri.

La pittura di storia e di impostazione accademica è rappresentata dal dipinto di Andrea Besteghi (1817-1869) Cimabue e Giotto, esposto alla prima edizione delle Esposizioni della Società Protettrice di Belle Arti che illustra il famoso incontro tra i due grandi artisti. Si passa al gusto per la “pittura pompeiana”, così diffuso al tempo, che trova il suo interprete in Luigi Bazzani (1836-1927): l’artista visitò Pompei e ancora oggi è celebre per i suoi acquerelli. Il percorso prosegue con un accenno alla moda dell’epoca per le scene ispirate al Settecento, diffusa dal mercante francese Adolphe Goupil. Questa tendenza di guardare al passato con l’occhio del collezionismo, può essere riassunta dall’opera di due artisti come Alfonso Savini (1836- 1908) e Giovanni Paolo Bedini (1844-1924), artisti che hanno spesso ritratto personaggi “in costume”. 
Dalla pittura di storia alla rappresentazione dal vero: i bolognesi protagonisti di questa svolta furono Luigi Busi (1837-1884), Raffaele Faccioli (1845-1916) e Luigi Serra (1846-1888), di cui vengono presentate opere emblematiche. Ci sono i due inediti di Busi, Il Paggio e la Duchessa, esposto alla Società Protettrice di Belle Arti nel 1862, che vede una donna aristocratica in un interno arricchito di dettagli sorprendenti: un vaso in avorio con il bassorilievo di elefante, mazzi di fiori, pappagallini… oppure l’acquerello de Le gioie materne, bozzetto dell’omonimo famoso dipinto che fece conoscere Busi ben fuori dai confini regionali. Amico fraterno di Busi, e suo sodale durante il suo periodo romano, fu Raffaele Faccioli, di cui è esposto Concerie in via Capo di Lucca, dipinto intriso di divertimento e ironia. Chiude la sezione un raro olio di Luigi Serra di cui il Museo conserva, peraltro, un fondo di quarantasette disegni a documentare la produzione dell’artista.

Sulla scia di un inedito interesse per il Naturalismo, coevo a quello dei toscani Macchiaioli, a Bologna si affermano Coriolano Vighi (1845-1905), ammirato e conosciuto anche all’estero, realizzando opere perfino per gli Zar di Russia, Alessandro Scorzoni (1858-1933) e soprattutto Luigi Bertelli (1833-1916), originario di San Lazzaro, che, da autodidatta, rivoluzionò la pittura bolognese da lì in poi. 

Avvicinandoci alla fine del secolo (Fin de Siècle), con la maturazione di nuovi gusti e sotto la spinta di una poderosa rinascita economica, a Bologna emergono artisti come Fabio Fabbi (1861-1945), il budriese Augusto Majani (1867-1959), Alfredo Savini (1868-1924) e altri. La sezione è composta da numerosi capolavori che illustrano l’agio, le possibilità e la spensieratezza di un’epoca. Tra questi spicca il dipinto ad olio del triestino Marcello Dudovich (1878-1972) che si ritrasse nello studio di fronte a piazza San Domenico insieme alla futura moglie Elisa Bucchi.

Un altro tema interessante è quello dell’Orientalismo, che ebbe importanti echi sia nell’arredamento che nella moda del tempo. Tra gli artisti che intercettarono la tendenza ci furono Alberto Pasini (1826-1899), Fausto Zonaro (1854-1929) e i fratelli Alberto (1858-1906) e Fabio Fabbi (1861-1945) che mutuarono la propria passione dai frequenti viaggi in luoghi esotici.  La sezione si apre con un acquerello recentemente riscoperto di Alberto Fabbi, La venditrice di fiori che reca curiosamente un cartiglio dei magazzini “Abraham & Straus” di Brooklyn, segno che l’artista, dall’Egitto, dove risiedette per diversi anni, inviò opere in tutto il mondo. C’è anche il grande dipinto La stanza del piacere di Fabio Fabbi, che riprende volutamente un’opera del pittore Hermann Fenner-Behmer (1866- 1913) dal titolo Nonchalance, esposta alla Grosse Berliner Kunstausstellung del 1907. 

La sezione dedicata al Simbolismo comprende opere fondamentali per lo sviluppo della corrente a livello nazionale. L’alunna, di Mario De Maria, opera che apre la sezione, rappresenta visivamente una poesia di Gabriele D’Annunzio contenuta nella raccolta Isaotta Guttadauro (1886). Il dipinto a olio su seta nera a forma di ventaglio, con la dedica a Vera Angeli, moglie del critico d’arte Diego Angeli, raffigura i Giardini di San Lorenzo, sede della Biennale di Venezia, di cui De Maria fu tra i fondatori. Mentre il dipinto Pomeriggio di un fauno (Sinfonia bionda), esposto alla Biennale del 1909, si ispira al poema del simbolista Stéphane Mallarmé Il pomeriggio di un fauno (1876) che fu uno dei manifesti del Simbolismo mondiale oltre che riecheggiare il Prélude à l’après-midi d’un faune (1891-94) di Claude Debussy. Un altro importante autore, soprattutto per Bologna, è Augusto Sezanne (1856-1935), che ideò, nel 1888, l’effige dell’Università in occasione dell’VIII Centenario dell’Alma Mater. Si segnalano anche le due opere simboliste: Serenata, di Raffaele Faccioli (1845-1916) e I sette vizi capitali, del già citato Fabio Fabbi.

Una rappresentanza della Secessione (termine che indicava una “rottura” con il passato: la prima fu a Vienna nel 1897, poi a Monaco e così nelle maggiori città europee, tra cui Roma: 4 edizioni tra il 1913 e il 1916) si può rintracciare nel lavoro degli artisti bolognesi Carlo Corsi (1879-1966), Emma Bonazzi (1881-1959), Alfredo Protti (1882-1949), Guglielmo Pizzirani (1886-1971), Garzia Fioresi (1888-1968), Giovanni Romagnoli (1893-1976). Nella sezione sono presenti tre significativi autoritratti di Alfredo Protti, Guglielmo Pizzirani e Giovanni Romagnoli. Emma Bonazzi (1881-1959) fu tra le artiste più importanti del “Déco bolognese”. A rappresentare la sua arte, che fu influenzata da Egon Schiele e Gustav Klimt è l’opera La giovinezza.

Trovano posto nel percorso di mostra anche alcune opere a sfondo religioso, come l’Ecce Homo di Fabio Fabbi, in cui il volto emaciato di Cristo emerge potente dalle tenebre, e la sezione dedicata alla ritrattistica, inaugurata dal Ritratto della moglie di Alessandro Scorzoni (1858-1933). Degno di nota è anche lo Zuavo di Alberto Fabbi (1858-1906), un artista che si specializzò in ritrattistica celebrativa, come nella serie dei Ritratti dei Bolognesi illustri (1896-1900). La sezione è arricchita da numerose altre opere, come la serie dedicata ai personaggi dell’arte di Gino Marzocchi (1895-1981) che vede un Giorgio Morandi sagacemente sottoposto a giudizio dallo stato maggiore dell’arte degli ultimi secoli. Tra le figure si riconoscono Leonardo Da Vinci, Tiziano, Giorgione, Raffaello, Michelangelo, Perugino e Caravaggio e gli autorevoli storici dell’arte Giulio Carlo Argan, Lionello Venturi e Roberto Longhi.

Il catalogo del Museo è edito da Pendragon e curato da Francesca Sinigaglia, direttrice della nuovo museo.

Grazie ai già acquisiti Archivio Fabio Fabbi e Archivio Emilio Oliviero Contini, Museo Ottocento Bologna è anche un centro di ricerca. Accoglierà specializzandi e organizzerà studi sui fondi che detiene. Ogni anno, con i ricavi del Museo verrà assegnata una borsa di studio agli studiosi del settore per promuoverne attività e ricerche. Il Museo, che non ha scopo di lucro, perseguirà finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e il suo principale obiettivo sarà quello di tutelare, conservare, valorizzare e promuovere fondi artistici, librari, archivistici e qualsiasi altra testimonianza sull’attività degli artisti, specialmente felsinei, nati tra il XIX e il XX secolo e facenti parte delle correnti artistiche che si espressero tra l’Ottocento e il Novecento. Il Museo attiverà inoltre  tirocini formativi con l’Università di Bologna per far conoscere il patrimonio artistico dell’Ottocento e Novecento bolognese.

Per tutte le informazioni:
http://mobologna.it/
 

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ultima modifica 2023-04-26T12:38:50+01:00
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